Lanciata ufficialmente nel 2011, la gamma Canon Cinema EOS in pochi anni ha conquistato grande popolarità tra i film-maker indipendenti, le società di produzione video ed anche piano piano, nel mondo del cinema. Un successo dovuto sicuramente all’ottima qualità d’immagine, ai prezzi competitivi e alla possibilità di sfruttare le tantissime ottiche fotografiche Canon. Accanto al modello best-seller C300 Mark II e all’ammiraglia C700, destinata alle produzioni cinematografiche ad alto budget, la gamma si arricchisce ora di un nuovo modello, più economico ma anche più innovativo, siglato C200. Rispetto alla C300 Mark II – che non viene sostituita dal nuovo modello, ma rimane disponibile in catalogo – la C200 presenta un corpo macchina più leggero, un set di connessioni meno completo (mancano ad esempio le porte Genlock e Timecode) e non permette di registrare in XF-AVC a 10 bit (410 Mbit/s), formato ideale per la maggior parte delle applicazioni professionali; in compenso la C200 offre la possibilità di girare in un 4K RAW direttamente in macchina, caratteristica davvero fuori dal comune per un camcorder di questa fascia di prezzo. Ma vediamo nel dettaglio le varie opzioni di ripresa disponibili sull’ultima nata in casa Canon.
Il formato giusto
La C200 permette di registrare immagini Ultra-HD 3840×2160 in formato MP4 a 8 bit, con un flusso dati a 150 Mbit/s. I file vengono salvati su normali schede SD Card, i supporti di memoria di gran lunga più diffusi ed economici sul mercato.
Si tratta in questo caso di un codec con compressione Long-GOP, che sicuramente garantisce un’ottima qualità d’immagine ma non permette grandi margini di intervento in fase di color correction, dato il sotto-campionamento 4:2:0 a 8 bit. Un formato, insomma, che va bene per il videomaker indipendente o il news gathering, quando cioè si ha bisogno di girare molto e montare velocemente, ma non certo per le produzioni cinematografiche o pubblicitarie. Come accennato, in ogni caso, la C200 offre anche la possibilità di registrare in formato 4K RAW a 10/12 Bit e 4096 x 2160 di risoluzione, direttamente su memorie CFast 2, senza cioè la necessità di collegare registratori esterni opzionali. Per consentire questa funzionalità è stato implementato un nuovo codec chiamato Canon Raw Light, più leggero di altri codec RAW, grazie ad una compressione lossless 3:1, ma che produce comunque un flusso dati di circa 1 Gbit/s. La possibilità di registrare in RAW su una macchina così compatta e leggera, ad una qualità paragonabile a quella delle migliori macchine da presa per il cinema digitale, rende dunque la C200 una soluzione appetibile anche per le produzioni high-end, soprattutto quando queste hanno la necessità di lavorare su droni o su stabilizzatori portatili.
Inoltre, al contrario del modello più costoso C300, la C200 permette di lavorare in 4K anche a 50/60 fotogrammi al secondo, oltre che a 24/25/30. Non solo: girando in Full-HD è anche possibile spingersi fino a 100/120 fps, per ottenere effetti di slow-motion. È evidente che la nuova C200 dispone di una sezione elettronica più recente e performante della ‘vecchia’ C300, per cui è probabile che Canon abbia inibito di proposito la possibilità di registrare in 4:2:2 XF-AVC a 10 bit solo per continuare a vendere la C300 Mark II, che altrimenti non reggerebbe il confronto con la nuova e più economica C200.
Questa scelta purtroppo penalizza al momento quella fascia intermedia di professionisti che non si accontenta di lavorare in formato 8bit 4:2:0, ma allo stesso tempo non ha il tempo o le capacità di gestire un flusso di lavoro RAW con tutto ciò che ne consegue (sviluppo, color grading, LUT, file enormi ecc.). Non ci stupisce dunque che Canon abbia già annunciato un aggiornamento del firmware, disponibile nei primi mesi del 2018, che permetterà di registrare sempre a 8 bit, ma almeno in formato 4:2:2 XF-AVC anziché MP4.
Il RAW diventa facile
Di fronte a un camcorder come la C200, viene però da porsi una domanda: ma è davvero così complicato lavorare in RAW? O tale soluzione rappresenta il futuro in tutti i settori della produzione video? Chi scrive è abituato alla fretta dei reportage televisivi in esterna o ai progetti indipendenti a budget zero, situazioni in cui si è soliti evitare un workflow RAW: non c’è tempo di provare le LUT sul set, non c’è tempo di ‘sviluppare’ i file RAW con un software specifico (come ad esempio Canon Cinema RAW Development o FilmConvert), non c’è tempo insomma per un processo di grading raffinato, ma al massimo si può sperare in un paio di turni di color correction a fine montaggio, per correggere qualche errore di ripresa. Per queste ragioni, molti professionisti sono convinti che girare in RAW sia solo una perdita di tempo, una scelta che fondamentalmente mette a rischio la consegna di un lavoro entro la scadenza richiesta.
In realtà, testando la soluzione adottata dalla Canon C200 c’è da ricredersi. Per rivedere le riprese realizzate durante la prova abbiamo scaricato l’ultima versione di DaVinci Resolve, il software professionale gratuito di BlackMagic Design che già supporta in modo nativo i nuovi file .CRM registrati dalla C200. Nessuna trascodifica dunque. Successivamente è stato sufficiente scaricare il pacchetto completo delle LUT ufficiali direttamente dal sito di supporto Canon, copiare i file all’interno dell’apposita cartella di DaVinci Resolve e aggiornare il database dalla finestra Project Settings. Dalla stessa finestra è possibile applicare la LUT desiderata all’intero progetto. È chiaro che all’inizio bisognerà perdere un po’ di tempo per trovare le impostazioni che più si addicono alle proprie esigenze, visto che le LUT ufficiali Canon sono quasi 300, suddivise in varie categorie, a cui si aggiungono quelle indipendenti facilmente reperibili in rete; tuttavia, una volta trovato il giusto compromesso si potrà cominciare a montare senza più doversi preoccupare di sviluppare i singoli file RAW e soprattutto mantenere le stesse impostazioni su tutti i progetti a seguire. Ovviamente una buona LUT rappresenta solo una base di partenza, per poi ritoccare il colore e l’esposizione delle singole scene, prima della finalizzazione. Ed è proprio in questa fase che emergono le potenzialità di un formato di registrazione RAW rispetto ad un codec compresso, ovvero la possibilità di recuperare un gran numero di dettagli sia sulle alte luci che sulle ombre, senza compromettere la qualità finale dell’immagine. Non a caso sono ben 15 gli stop di range dinamico offerti dalla C200 in formato RAW – un valore eccezionale per un prodotto in questa fascia di prezzo – mentre scendono a 13 quando si gira in MP4 (con opzione Canon LOG3).
Lavorare in RAW, insomma, non è mai stato così facile e intuitivo. Resta ad ogni modo il problema dello spazio di archiviazione: una memoria CFast 2 da 64 GB (che oggi costa tra gli 80 e i 250 euro in base al marchio) contiene solo 8 minuti di filmati 4K, mentre scegliendo il formato MP4 una SD Card da 64 GB (reperibile anche a meno di 30 euro) si possono registrare circa 55 minuti. Si capisce dunque che un flusso di lavoro in RAW richiederà un certo investimento nell’acquisto di numerose schede CFast, ma anche di hard disk molto capienti per la post-produzione, visto che il formato Canon RAW Light occupa oltre 500 GByte per ogni ora di ripresa; insomma una mole di dati davvero imponente, soprattutto nell’ottica di un’archiviazione a lungo termine. Per risparmiare spazio in fase di montaggio, la C200 permette anche di registrare in contemporanea in un formato Proxy a 35 Mbit/s su scheda SD a 2K di risoluzione, ma la fase di color grading dovrà comunque essere eseguita sui file originali RAW per avere un risultato più preciso. Girare in RAW su una macchina così compatta e relativamente economica rappresenta una grande chance: il RAW è come una tela grezza, su cui ciascuno può dipingere ciò che vuole, con i colori che vuole, seguendo i propri gusti e le proprie esigenze.
Se dunque si ha la possibilità di spendere qualcosa in più in memorie e HDD, la C200 può trasformarsi davvero in uno strumento per fare cinema ad alto livello e realizzare il sogno di eguagliare la qualità delle migliori produzioni hollywoodiane.
C’è anche lo slow-mo
Avere file di grandi dimensioni permette di memorizzare molte più informazioni. Innanzitutto è possibile correggere l’esposizione di diversi stop, alzando i neri o recuperando le alte luci, senza per questo introdurre rumore o artefatti nell’immagine. Questo è il motivo per cui è preferibile lavorare in RAW sempre a 800 ISO, il valore consigliato per ottenere il range dinamico più ampio possibile, anche quando si rischia di sottoesporre l’immagine: regolare la luminosità in post-produzione permette infatti di intervenire in maniera più precisa e selettiva, lavorando ad esempio solo sui toni scuri o intermedi, oppure aggiungendo filtri di riduzioni del rumore più sofisticati ed efficienti di quelli offerti dall’elettronica del camcorder. Ciò non vuol dire che la C200 non sia in grado di lavorare bene anche ad alti ISO con poca luce: ci si può spingere tranquillamente a 6400 ISO senza compromettere la qualità dell’immagine, anche girando in MP4. Valori più elevati possono introdurre una certa quantità di rumore, da ridurre eventualmente in post-produzione.
Per quanto riguarda le alte luci, invece, risulta utilissimo il sistema integrato di filtri ND con 5 livelli diversi – lo stesso utilizzato sull’ammiraglia C700, capace di ridurre la luce in ingresso anche di 10 stop. Questo permette di lavorare tranquillamente a 800 ISO e a diaframma aperto anche in esterni giorno, per ottenere la profondità di campo più ridotta possibile.
Molto interessanti anche le opzioni di registrazioni ad alta velocità in Full-HD a 100/120 fps, che permettono di ottenere slow-motion fluide. Rispetto ad altre soluzioni simili, in questo caso non viene utilizzata solo la parte centrale del sensore (con conseguente ingrandimento dell’immagine a parità di lunghezza focale), ma viene sfruttato tutto il CMOS 4K. L’immagine viene poi scalata in Full-HD, conservando dunque una definizione 2K eccellente, anche se può capitare qualche difetto di aliasing e di moiré in presenza di dettagli molto sottili.
Il miglior AF sulla piazza
Tra le novità introdotte dalla C200 c’è la messa a fuoco automatica via touch-screen, che abbinata al sistema Canon Dual Pixel AF permette di ottenere risultati rapidi e precisi: siamo ormai lontani dall’epoca in cui la messa a fuoco manuale era una scelta obbligata con le ottiche fotografiche prestate al mondo video. Anche il sistema di inseguimento dei soggetti in movimento è davvero efficiente, almeno in condizioni di buona illuminazione. Si può scegliere tra il classico riconoscimento dei volti e un sistema di tracking avanzato, che prevede la scelta del soggetto da seguire tramite touch screen. Si tratta senza dubbio del migliore sistema di autofocus disponibile su una macchina da presa per il cinema digitale. Ciò non toglie che la maggior parte dei professionisti continuerà a preferire il fuoco manuale; in questo caso la Canon C200 offre, in aggiunta alla classica opzione di peaking, anche un sistema di assistenza chiamato Dual Pixel Focus Guide, attivabile attraverso uno tra gli otto pulsanti programmabili. A dire il vero si tratta di un sistema di focus assist non troppo intuitivo, anche se molto preciso: tre piccole frecce appaiono in sovrimpressione sul display accanto a un’area rettangolare e ruotano intorno ad essa; quando le frecce sono allineate e il riquadro si illumina di verde, significa che quella particolare porzione dell’inquadratura è a fuoco. Il rettangolo può poi essere spostato utilizzando il touch screen oppure uno dei tre mini-joystck disponibili, gli stessi che servono a navigare tra le varie opzioni del menu: si può scegliere tra quello presente sull’impugnatura, quello accanto al display o quello sul retro del corpo macchina. Se si riesce a prendere familiarità con tale sistema, il Focus Guide può risultare utile in alcune situazioni critiche, ma nella maggior parte dei casi il peaking o l’ingrandimento dell’immagine saranno sufficienti per ottenere una corretta messa a fuoco manuale.
Per quanto riguarda invece la regolazione dell’esposizione, si può fare affidamento sulla forma d’onda o sul tradizionale zebra pattern. Molto utili sono anche i marker che indicano in sovrimpressione i margini per vari formati di ripresa (4:3, 14:9, 2.35:1…).
Tutte le regolazioni di ripresa sono accessibili attivando i rispettivi comandi rapidi e utilizzando il solito mini-joystick, mentre la piccola rotellina accanto al pulsante Rec, in basso a sinistra dello chassis, è dedicata normalmente all’apertura del diaframma; in ogni caso è possibile modificare tale funzionalità, così come è possibile personalizzare praticamente ogni controllo presente sul corpo macchina.
Il menu è molto articolato e prevede 9 pagine principali, ciascuna con diverse sotto-pagine e una infinita lista di opzioni e parametri da controllare. Una struttura complessa in cui è facile perdersi. Per fortuna una decima pagina del menu prevede la possibilità di inserire solo le opzioni preferite dall’utente, quelle cioè più frequentemente utilizzate. Avere un controllo così dettagliato su ogni minima funzionalità è sicuramente un vantaggio per i professionisti più esigenti. Tuttavia da una macchina di questa fascia ci saremmo aspettati un’interfaccia più amichevole, magari più simile a quella delle reflex Canon. Inoltre, visto che il display in dotazione dispone di funzioni touch-screen per la messa a fuoco, sarebbe stato facile implementare anche la possibilità di navigare nel menu utilizzando lo stesso sistema a sfioramento.
Robusto, modulare
Per quanto riguarda il design e l’ergonomia della macchina, la C200 appare molto simile agli altri modelli della gamma Cinema EOS, con un corpo compatto e robusto, non troppo pesante ma nemmeno leggerissimo, con i suoi 1400 grammi, ottica e accessori esclusi. Se si vuole fare a meno del cavalletto sarà quasi indispensabile uno spallaccio, soprattutto quando si usano le ottiche EF. Con le più pesanti ottiche cinematografiche, invece, si potrà ottenere un migliore bilanciamento tra obiettivo e corpo macchina.
Inclusi nel pacchetto base ci sono una maniglia molto solida, un porta microfono e un monitor LCD da 4” e 1.2 Megapixel di risoluzione. Tutti e tre questi accessori possono essere montati in vari modi, rendendo il set-up altamente personalizzabile. Il corpo macchina, ad esempio, prevede due diversi fori per installare la maniglia, la quale a sua volta ha altri 4 fori, uno anteriore, uno posteriore e due superiori, oltre che una slitta accessori. Il display può essere installato con una vite a brugola sul supporto snodabile, ma presenta anche un altro foro da 1/4″, per l’installazione ad esempio su un supporto opzionale.
Le connessioni sono tutte distribuite sull’angolo destro del corpo macchina e comprendono due ingressi audio XLR, uscite SDI ed HDMI in 4K, uscita cuffie mini-jack, porte USB ed Ethernet e un terminale di controllo remoto. Come accennato, rispetto alla C300 Mark II, mancano le connessioni Genlock, Timecode, fondamentali per l’utilizzo dell’apparecchio come camera da studio, e un’uscita DC-out, per l’alimentazione diretta di eventuali accessori.
In compenso, anche la C200 è dotata di Wi-Fi e connessione di rete per il controllo a distanza attraverso il sistema Browser Remote: si tratta di un’applicazione accessibile attraverso un normale browser che permette di controllare la videocamera a distanza da qualsiasi PC o tablet collegato alla stessa rete. Digitando un particolare indirizzo, si apre un’interfaccia intuitiva ma anche molto completa, in cui è possibile controllare tutti i parametri di ripresa della macchina, dal bilanciamento del bianco agli ISO, dall’otturatore al diaframma, fino alla messa a fuoco (laddove l’ottica lo consenta), comprese tutte le funzioni di tracking e face-detection offerte dalla C200. Un sistema utilissimo e facile da usare, anche se la connessione Wi-Fi riduce sensibilmente l’autonomia della batteria.
Per il grande schermo
Alla prova dei fatti la C200 ci ha convinto sotto tutti i punti di vista. In pochi anni, il design delle macchine Canon Cinema EOS è ormai divenuto familiare e siamo sicuri che lo sia anche per molti professionisti della produzione video. Le prestazioni in termini di definizione, resa cromatica e rumore – anche ad alti valori ISO -non deludono le aspettative e confermano gli ottimi risultati che la casa giapponese ha raggiunto nello gestione dei sensori d’immagine adottati sulle proprie macchine.
E tra tutti i modelli della gamma Cinema EOS, la C200 rappresenta probabilmente quello con il migliore rapporto qualità/prezzo. Basti pensare al sistema di filtri ND, capace di ridurre la luce di ben 10 stop, laddove la maggior parte delle macchine da presa non superano i 6 stop; o al sistema di messa fuoco automatico, capace di seguire in modo preciso e fluido non solo volti umani, ma qualsiasi soggetto in movimento – funzione che nessuna camera da presa per il cinema digitale è oggi in grado di offrire.
Infine, va ricordato soprattutto che la Canon C200 è al momento l’unica videocamera sotto gli 8mila euro IVA esclusa – insieme alla Blackmagic Ursa Mini – capace di registrare in 4K RAW, con una qualità d’immagine e una gamma dinamica paragonabili a quelle delle migliori macchine da presa di fascia alta.
Insomma, siamo obiettivamente di fronte a un camcorder molto riuscito, capace di coniugare prestazioni senza compromessi e prezzo abbordabile.
Un apparecchio che costituisce un ponte tra il cinema indipendente e le produzioni hollywoodiane, uno strumento che permetterà, ai giovani film maker con pochi soldi, di sognare davvero in grande. E alle grandi produzioni di disporre di un ‘secondo corpo’ compatto, affidabile e dalla resa ‘sicura’.