Per molti il 4K rappresenta ancora una novità assoluta. L’ecosistema attorno a questo formato è tutt’ora in via di sviluppo e, sebbene la quantità di contenuti stia aumentando grazie anche alla diffusione via streaming, non possiamo certo dire che per il 4K sia giunto il momento di cedere il passo ad un nuovo formato, tutt’altro.
Eppure è già arrivato il momento di parlare anche di 8K… e non soltanto come una anticipazione di qualcosa che verrà, ma mettendo alla prova un prodotto finito, acquistabile nei negozi… sebbene solo su ordinazione (come sottolineato dalla stessa Samsung).
Del resto sono anni che assistiamo a prove e dimostrazioni in 8K, e non possiamo dimenticare gli sforzi congiunti di broadcaster, come NHK e RAI, che negli ultimi tempi hanno concentrato parte delle loro ricerche proprio sullo sviluppo di questo formato che poi è diventato parte dello standard UltraHD, come livello di risoluzione massimo.
Se fino a qualche tempo fa l’8K rimaneva appunto relegato ad esperimenti, già all’ultima IFA di Berlino erano stati presentati prodotti commercializzabili da parte di alcuni dei più grandi nomi del settore, con Samsung in prima linea.
Per il lancio commerciale l’azienda coreana ha deciso ovviamente di partire con la serie top di gamma Q900, nelle tre dimensioni di 65, 75 e 85 pollici, che eredita gran parte delle caratteristiche e funzionalità della serie Q9FN 4K.
Ne dovrebbero risultare prestazioni del tutto simili, anche se gestire un nuovo pannello con 33 milioni di pixel non è una impresa altrettanto facile.
Abbiamo avuto occasione di visionare questo nuovo 8K, seppure per non più di qualche ora, in occasione di un evento promozionale tenutosi a Roma nel negozio Garman di via Boezio, nei giorni del lancio commerciale del nuovo TV, e siamo qui a riportarvi le nostre prime impressioni.
A cosa serve l’8K?
Partiamo però con qualche considerazione relativa all’utilità di introdurre oggi sul mercato un TV 8K. Dobbiamo già considerare vecchi ed obsoleti i modelli 4K in circolazione? Oppure ci troviamo di fronte ad un prodotto troppo in anticipo sui tempi? La risposta non è così scontata…
Ad oggi la disponibilità di contenuti 4K sta gradualmente aumentando, ma ancora è tutt’altro che straordinaria. Le uscite in UHD Blu-ray sono interessanti, sebbene relativamente costose in generale, mentre le piattaforme di streaming online come offrono qualche contenuto, anche originale nel caso di Netflix ed Amazon Prime Video, e rappresentando ad oggi la principale fonte di materiale UHD. Per quanto riguarda le trasmissioni televisive siamo ancora più indietro, specie in Europa. Il Full HD è ancora piuttosto “giovane” sul digitale terrestre, anche se l’offerta di contenuti in chiaro e a pagamento è sufficiente, o buona nel caso dei programmi sportivi (in particolare calcio e formula 1), inclusa qualche proposta via satellite.
Lo standard per il broadcast UHD 4K richiederà un aggiornamento di molte reti, nonché di parte del parco televisori non equipaggiati con il DVB-T2 ed il decoder HEVC, il che dimostra quanto questo formato debba percorrere ancora molta strada.
Di contenuti 8K ancora quindi non se ne parla. È vero che in Giappone NHK avrà già avviato le sue trasmissioni 8K nei giorni in cui questo numero sarà andato in stampa, ed oggi già esistono macchine da presa e videocamere per la produzione di contenuti 8K, ma ci vorranno anni prima che gli utenti possano effettivamente godere di trasmissioni o programmi con questo livello di risoluzione.
Naturalmente i più ottimisti non la pensano proprio così, e prevedono una più rapida ascesa del nuovo formato, ma se la storia insegna…
Perché quindi produrre un TV 8K? Secondo Samsung ed altri costruttori l’esigenza nasce per offrire una esperienza di visione migliore con schermi di dimensioni molto grandi. Il mercato dei TV over 50”, si sa, è particolarmente remunerativo per i produttori, e l’interesse degli utenti verso queste taglie è sempre in aumento. Del resto se negli anni ’90 un TV 36” figurava come una chicca (pesante e costosa) in un impianto home theater, gli anni 2000 hanno visto l’ascesa delle flat TV spostando l’attenzione verso i 40/42”, che sono rapidamente diventati 50” nel decennio in corso e si preparano a raggiungere i 65” nei prossimi anni a venire.
Secondo i tecnici di Samsung, negli ambienti domestici è generalmente possibile trovare una grande parete che possa ospitare schermi da 65” ed oltre, e questa potrebbe diventare la nuova dimensione di riferimento per il prossimo decennio. Ma le case non sono grandi come cinema, anche qualora avessimo una parete adatta e libera per ospitare un 65” o un 85”, lo stesso non possiamo dire della distanza dallo schermo, che rimarrà sempre la stessa. E qui entrano in gioco semplici considerazioni di ottica… Se il numero di pixel non aumentasse con la diagonale (e la superficie) dello schermo, i pixel dovrebbero diventare proporzionalmente più grandi con l’effetto di renderli più visibili e causando una perdita di naturalezza a profondità. E così con l’aumentare della diagonale diventa importante aumentare la risoluzione del pannello. Ma quanto? Facendo un po’ di conti, possiamo constatare che grosso modo la dimensione dei pixel viene conservata passando da un 40” Full HD ad un 85” Ultra HD 4K (per essere più precisi parliamo di PPI, che in un UHD da 85” è leggermente superiore rispetto ad un Full HD 40”).
Aumentando la risoluzione ad 8K ecco che il numero di pixel sul display si moltiplica per 4 e le dimensioni si riducono proporzionalmente. Questo permette di renderli invisibili all’occhio a parità di distanza di visione, garantendo anche di avvicinarsi ulteriormente allo schermo senza perdere l’illusione della continuità delle immagini.
Certo, va detto che siamo un po’ al limite. Secondo la stessa Samsung infatti l’obiettivo è mantenere il numero di pixel per pollice (PPI) superiore ai 50… limite che si raggiunge in UHD 4K proprio con una diagonale da 85”: volendo quindi basarsi sull’obiettivo dichiarato dalla stessa coreana, l’8K sembrerebbe necessario oltre questa diagonale di immagine, quindi per schermi veramente molto grandi, piuttosto in là da venire…
Rescaling intelligente
Tra l’altro… cosa ce ne facciamo di 33 milioni di pixel attivi sullo schermo quando il miglior segnale che possiamo inviare ne offre al più 8 milioni (4K)? Ecco che Samsung si è presentata con una risposta apparentemente convincente. Li ricreiamo. Attenzione però, l’operazione a detta di Samsung non va considerata un semplice upscaling perché si affida a sofisticati metodi basati sull’intelligenza artificiale.
Passare da 8 a 33 di pixel significa che 25 milioni di pixel visualizzati sullo schermo devono necessariamente essere artificiali, ricostruiti dal processore perché non presenti nel segnale originale. Questo passaggio prende tecnicamente il nome di upscaling, e richiede una interpolazione del segnale originale per individuare i pixel mancanti a partire da quelli effettivamente a disposizione. L’industria lavora da anni sui metodi di interpolazione e ricampionamento delle immagini, necessari nelle situazioni più disparate, dalla digitalizzazione delle pellicole, al rescaling dei TV e proiettori, a quello dei software di fotoritocco e così via. Poiché gli algoritmi di interpolazione più semplici per loro stessa natura non possono creare un’immagine migliore dell’originale ma anzi, possono facilmente portare ad una perdita di risoluzione, con immagini più “morbide”, contorni meno nitidi e così via necessariamente perdere in definizione, Samsung ha deciso di affidarsi ad una metodologia basata sull’uso dell’intelligenza artificiale.
La casa coreana ha installato nei suoi laboratori in patria un sistema in cloud dove girano i programmi AI. A questi vengono inviate immagini di varia natura da confrontare fra loro alle diverse risoluzioni. Ad esempio una stessa immagine 8K viene riscalata a 4K e 2K, e poi lasciata elaborare dal sistema AI per individuare le migliore metodologie di “ricostruzione” dei pixel mancanti. Il risultato di questo processo è la produzione da parte del sistema di intelligenza artificiale di 256 diversi algoritmi da applicare ad immagini con appropriate caratteristiche. Questi algoritmi, accuratamente controllati dai tecnici Samsung, vengono installati nel “quantum processor” del TV (il nome che Samsung ha deciso di utilizzare per il suo processore video, che ovviamente non è un processore quantico ma gli permettiamo l’esercizio di stile) dove si occuperanno di riprodurre i segnali 8K a partire da qualsiasi segnale inviato al TV.
Se nel tempo il sistema AI troverà nuovi algoritmi più performanti, questi potranno essere scaricati in tutti i TV Samsung mediante un semplice software upgrade.
Secondo Samsung questo lavoro permette di ricostruire immagini 8K davvero molto realistiche e “senza perdere in risoluzione” rispetto al segnale originale di partenza.
Rimaniamo scettici su questo ultimo punto, ma è vero che utilizzando metodologie del genere sia possibile realizzare segnali 8K che mantengano una migliore nitidezza e microcontrasto, rendendo più “visibili” e chiari i dettagli di un segnale ad esempio originale 4K, ma riprodotto dai 33 milioni di pixel dello schermo 8K.
Ed infatti questa è stata l’impressione che abbiamo avuto nella rapida visione dello schermo in funzione. Con sorgenti Blu-ray, le immagini appaiono molto dettagliate e nitide, senza problemi legati al rescaling. Le linee oblique mantengono la loro continuità così come i bordi risultano privi di scalettature che potrebbero emergere da un rescaling mal eseguito.
Nessun miracolo dai segnali Full HD, ma i risultati comunque appaiono apprezzabili.
Certo, al confronto con le immagini di test 8K che abbiamo potuto visionare in occasione del test, un segnale 4K, specie se “reale” (ovvero proveniente da un film o un video 4K), non raggiunge le stesse caratteristiche di compattezza e profondità, come è ovvio. Bisognerà vedere, nel corso di una prova più approfondita quali siano i risultati con segnali di qualità più scarsa, più rumorosi o meno nitidi.
Non ci aspettiamo certo miracoli, e l’importante è che l’upscaling non causi un peggioramento della qualità percepita.
Luminosissimo
Il pannello del QLED 8K è lo stesso del Q9 UHD. La luminosità dichiarata si attesta sui 3000 nit per il modello da 65” e 4000 nit di picco per le versioni da 75” e 85”. Si tratta di valori elevatissimi, che possono teoricamente coprire tutta la gamma prevista sia per l’HDR10 (fino a 1000 nit) che l’HDR10+ (fino a 4000 nit), formati entrambi supportati da questo TV Samsung (analogamente a quanto avviene dalla gamma 2017), in aggiunta all’HLG.
Manca il supporto per il Dolby Vision, attualmente nemmeno previsto per futuri upgrade visto che l’azienda fino ad oggi non ha espresso esplicita volontà di supporto per questo formato.
Abbiamo assistito alla riproduzione di svariati spezzoni di UHD BD codificati in HDR per verificare le prestazioni di questo avveniristico TV 8K e dobbiamo dire che in fatto di brillantezza non ci si può certo lamentare. In HDR le immagini dinamiche e realistiche, con i picchi del bianco estremamente luminosi ed accompagnati da neri molto profondi. Rispetto a modelli OLED, in cui l’immagine viene generata dai pixel attivi, la luminosità è nettamente superiore, oseremmo dire persino eccessiva. Ma di potenza è sempre meglio averne in eccesso (cavalli o nit che siano), no?
Diversa e più complessa la situazione per quanto riguarda il contrasto. Il rapporto di contrasto dinamico è elevatissimo ed ottenuto sia grazie all’utilizzo di un pannello con buone performance in termini di luminosità residua, che con l’ausilio degli immancabili sistemi di local dimming.
Il TV è illuminato da 480 LED posteriori indipendenti (e questo vale per tutti e tre i modelli da 65”, 75” e 85”, anche se ci si poteva attenere un aumento del numero con la dimensione dello schermo) la cui intensità di illuminazione viene regolata sulla base del contenuto. Sul modello in esame, commerciale ma con un software ancora non particolarmente ottimizzato, si potevano notare prestazioni buone in fatto di permanenza e visibilità degli aloni nei contorni dei soggetti illuminati su sfondo scuro, e meno buone in termini di velocità di risposta del sistema ai cambi di luminosità. Tramite Menu non è possibile disabilitare completamente il local dimming, ma al più impostarlo ad un livello “basso”.
In questo caso la velocità di reazione ai cambi di luminosità è superiore e piuttosto buona, anche se avvertibile. Probabilmente versioni più aggiornate e stabili del software miglioreranno la resa anche con l’impostazione del local dimming più aggressiva, sebbene sotto questo profilo non potranno raggiungere la precisione del comportamento di un OLED.
Il sistema operativo è del tutto identico a quello degli altri Samsung in circolazione, ed offre tutte le funzioni Smart più moderne.
Di contro l’impostazione prevede un box esterno (One Connect) che racchiude della elettronica accessoria nonché tutti gli ingressi per i collegamenti, con il vantaggio di nascondere alla vista buona parte della cavetteria, ma ovviamente aumentando l’ingombro complessivo. Il TV tra l’altro non è particolarmente sottile, se osservato lateralmente, per via del sistema full LED backlighting.
Il box è dotato di 4 prese HDMI 2.0, e Samsung promette che, come già avvenuto in passato per i modelli premium, verrà prodotto un evolution kit per effettuare l’aggiornamento alle interfacce HDMI 2.1 necessarie per supportare il collegamento di sorgenti (quali?) 8K fino a 60fps. L’elevato datarate gestito da HDMI 2.1 infatti è necessario per trasportare video con questa risoluzione, ed il nuovo standard introduce anche il supporto dei metadata dinamici (necessari per HDR10+).
Solo su ordinazione
I nuovi QLED 8K sono disponibili nei negozi solo su ordinazione, ed il prezzo previsto è di 4.999 euro per il 65”, e 6.999 e 14.999 euro per le varianti da 75” e 85” rispettivamente. Si tratta in assoluto di valori molto elevati, anche se per il 65” il listino risulta tutto sommato piuttosto competitivo rispetto ad altre proposte di pari dimensioni, considerata l’assoluta novità del formato 8K.
Scegliere di investire su un televisore di questo tipo oggi è indubbiamente una decisione per pochi “coraggiosi” che puntano su uno sviluppo non troppo lento di questo nuovo formato, e vogliono godere da subito della brillantezza e “naturalezza” di immagini prodotto da una così alta densità di pixel. Come avvenuto con il passaggio al Full HD prima ed al 4K recentemente, ci vorranno anni prima che l’industria dei contenuti possa offrire materiale nel nuovo formato 8K. Nel frattempo possiamo stare tranquilli che il TV farà un lavoro egregio nell’upscaling, sarà un perfetto compagno nel gaming, ed offrirà prestazioni in fatto di ricchezza cromatica e brillantezza delle immagini al top di quanto offerto oggi sul mercato.
Si ringraziano per la preziosa collaborazione Fulvio Cecconi
e il personale di Garman Grecia (www.gruppogarman.com)