Sullo scorso numero di Tutto Digitale abbiamo pubblicato la prova della X-H1, la prima mirrorless di Fujifilm decisamente pensata anche per il mondo del video ed anche del cinema, grazie ad una serie di caratteristiche tecniche ad hoc. Ma l’ingresso del costruttore giapponese – di cui ricordiamo ottiche ampiamente utilizzate nel mondo della 7^ arte, come quelle impiegate da Lucas per qualche episodio di Star Wars – nel pianeta ‘indie’ era cominciato qualche mese addietro, con la presentazione della serie di ottiche cinema MK ed MKX, che si differenziano unicamente per l’attacco, Sony E-mount nel primo caso e Fujifilm X-mount nel secondo.
Entrambe le serie sono quindi composte da due zoom per coprire tutte le focali da 18 a 135mm su sensori APS-C e Super 35, con due modelli (18-55 e 50-135) entrambi dotati di apertura massima costante su tutta la focale (F2.75 e T2.9 rispettivamente).
Una lunga tradizione
Sono quasi sessant’anni che Fujinon produce ottiche progettate espressamente per il video ed il cinema, e l’obiettivo in prova è il frutto di tutti questi decenni di ricerca ed esperienza. Realizzare ottiche cinema non è semplice, e come avevamo già evidenziato nella prova 50-135 T2.9, Fujinon è riuscita a fare qualcosa di veramente notevole, ovvero contenere il peso di ogni zoom in circa 1000 grammi, senza scendere a compromessi in nessun settore costruttivo.
Chi ha già letto la prova del 50-135 T2.9, pubblicata sul numero 120 di Tutto Digitale, troverà in questo articolo alcune informazioni ridondanti, dato che i due obiettivi sono quasi gemelli. Esternamente, se non fosse per la l’indicazione della focale incisa sul barilotto, non sarebbe possibile distinguerli. Avere ingombri identici, con tutte le ghiere poste esattamente nella stessa posizione, permette agli operatori, quando si cambia obiettivo sulla macchina da presa, di risparmiare tanto tempo utile nella messa a punto degli accessori, come matte box e follow focus, e di agire quasi ad occhi chiusi.
Materiali ineccepibili
Tutte le parti chiave sono realizzate in metallo, e le ghiere di fuoco, zoom e diaframma sono dotate di dentatura con spaziatura standard per l’utilizzo degli accessori ad ingranaggi come il già citato follow focus.
Per risparmiare peso, alcune parti esterne sono realizzate in plastica, ma di ottima qualità ed in grado di attutire i piccoli urti inevitabili sui set. In merito al peso segnaliamo una piccola curiosità. Anche se sono praticamente identiche, la versione X-mount pesa cento grammi in più rispetto all’equivalente E-mount.
La ghiera del fuoco è dotata di un angolo di rotazione, tra un estremo e l’altro, di 200°, per permettere di effettuare il fuoco con la massima precisione e progressività possibile. La ghiera dell’iris è priva dei micro step tipici degli obiettivi fotografici, per consentire di variare l’apertura senza trasmettere vibrazioni al corpo macchina durante la registrazione. Tutte e tre le ghiere hanno dei riferimenti per controllare sulle scale graduate poste a loro fianco l’esatto valore di fuoco, zoom ed apertura.
A valle della ghiera dell’iris, come sulle ottiche broadcast, sono presenti altri due controlli su una quarta ghiera; il primo, con tasto di sblocco, per attivare il macro, che riduce la distanza di messa a fuoco minima, da 85 a 38 cm, ed il secondo che permette di regolare il back focus, ossia la distanza del gruppo ottico posteriore dal sensore; una impostazione importante su ottiche parafocali, di cui parleremo tra poco.
Ottica cinema vs. foto
Anche se Fujinon è riuscita a ridurre il costo di quest’ottica in maniera notevole, resta comunque all’incirca pari al doppio di quello di un obiettivo fotografico dotato di numeri equivalenti. Come mai?
La progettazione e la costruzione delle ottiche cine comporta dei parametri molto più stringenti, poiché il sistema composto da macchina da presa ed obiettivo deve essere non solo in grado di riprodurre alla perfezione il momento dello scatto, ma una realtà che può cambiare nel tempo, soprattutto se si agisce, durante la ripresa, su fuoco, zoom ed iris. Variando il fuoco e lo zoom, l’obiettivo non deve cambiare il suo ingombro longitudinale, e la parte anteriore non deve ruotare, per non interferire con eventuali matte box montati davanti. Il breathing, la respirazione (il fenomeno che fa variare leggermente la lunghezza focale dell’obiettivo agendo sulla ghiera del fuoco, che rovina l’estetica cinematografica), deve essere assente; inoltre una vera ottica cine non deve essere soggetta a problemi sul fuoco utilizzando lo zoom.
In poche parole deve essere parafocale, ossia utilizzando lo zoom il fuoco deve restare invariato sul soggetto desiderato; non deve esserci il focus shifting, che comporta, sulle ottiche fotografiche, il fuori fuoco durante l’uso dello zoom, ed infine l’assenza dello spostamento dell’asse focale, sempre durante l’uso dello zoom.
Infine, le ottiche cine in genere indicato la massima luminosità in T anziché F-stop; una maniera più precisa, che spiegheremo in dettaglio in un’altra occasione, comunque segnale di accuratezza costruttiva.
Come il fratello già provato, questo obiettivo risponde a tutti i requisiti ed entra pertanto di diritto nel club esclusivo delle ottiche ‘cine’. Del resto, alcuni elementi evidnziano la stretta parentela con altre due serie di obiettivi cinema di Fujinon, con la Premier HK PL Series ed in particolare con la ZK Cabrio PL Series, che sono composte da obiettivi che costano dai 20.000 ai 100.000 euro l’uno.
Action!
È finalmente arrivato il momento di girare, e, appena iniziata la sessione di prova, immediatamente ci si rende conto delle qualità dell’obiettivo.
Tutte le ghiere offrono la giusta resistenza che permette di modulare perfettamente l’entità dei movimenti. La ghiera del fuoco, offrendo un angolo di ben 200°, permette di trovare facilmente e con morbidezza il punto desiderato senza generare vibrazioni o movimenti sulla camera.
Dal punto di vista dei risultati si fanno apprezzare certamente la notevole definizione e la resa dei dettagli che avevamo già riscontrato sul telezoom. L’escursione focale è notevole e supera di poco 3.0x; il 18-55 copre, con la Fujifilm X-H1 con sensore APS-C, da 27 a 84mm (equivalenti in 35mm).
Al valore di grandangolo massimo, il bokeh, la sfocatura dei soggetti posti in piani focali differenti, è ridotta al minimo per consentire, anche a diaframma completamente aperto, di avere quasi tutti gli elementi della scena a fuoco. Questo,al contrario ad esempio dell’obiettivo Fujinon XF16 T1.4 provato di recente, studiato per avere caratteristiche opposte.
La situazione cambia notevolmente quando si spinge con lo zoom. Basta girare un po’ la ghiera e la musica cambia; già a 35mm, 50mm equivalenti, la sfocatura dello sfondo è bella e notevole, mentre al massimo tele, 84mm è una vera e propria sinfonia.
Le aberrazioni cromatiche sono assenti, così come lo sono effetti flare e ghosting; per generarli bisogna cercare appositamente delle forti fonti luminose e provare a cambiare l’angolo di incidenza della luce.
La definizione è uniforme su tutto il fotogramma, anche nelle zone più periferiche e con tutti i valori di zoom ed apertura di diaframma. Alla massima apertura è visibile una leggera vignettatura, che scompare completamente chiudendo, anche di poco, il diaframma. Anche le deformazioni sono minime, considerando che si tratta di un obiettivo zoom con una grande escursione focale. Un minimo di deformazione c’è, ma solo al massimo grandangolo, dove appare un leggero effetto botte, che però ancora una volta scompare del tutto allungando la focale.
La funzione macro, come dichiarato, permette di accorciare sensibilmente la distanza minima di messa a fuoco, 38cm. Anche se siamo lontani da un vero rapporto d’ingrandimento da obiettivo macro, la funzione è molto utile, e fa sì che l’obiettivo subisca una piccola trasformazione. Anche in posizione di massimo grandangolo, a 18mm, sviluppa la capacità di realizzare effetti bokeh consistenti, che possono tornare utili al videomaker creativo.
Un strumento di lavoro
Avendo un’escursione focale equivalente da 27 ad 84 mm, questo obiettivo copre le esigenze da grandangolo a medio tele, di fatto le focali in genere più utilizzate. Aggiungendo solo un altro obiettivo, il fratello MKX 55-135mm T2.9 (76-206 mm equivalenti in 35mm), si dispone di tutte le focali, con due soli obiettivi di classe cinema, che non scendono a compromessi sotto nessun punto di vista. Sono infatti zoom luminosi, dotati di grandi bokeh ed esenti da breathing ed aberrazioni, che restituiscono immagini trasparenti, definite, di primissimo livello.
Grandi prestazioni associate sia ad un peso estremamente contenuto, sia ad un costo molto vantaggioso per uno zoom cinema, che non supera di molto il prezzo di un obiettivo fotografico dotato di focali ed apertura simili.
La conclusione è scontata: il rapporto prezzo prestazioni risulta conveniente e suggerisce fortemente l’acquisto di questo zoom, sia nella sua versione X-mount per Fujifilm, che in quella E-mount per Sony.
Matrimonio ideale con X-H1
Il test è stato effettuato usando una mirroless Fujifilm X-H1 (prova completa sul numero 119). Questa macchina, dotata di grande dettaglio, e tante funzioni cinema, ha permesso di sfruttare le doti dell’obiettivo, nato per sensori Super35 ed APS-C. La X-H1 si è distinta per le qualità generali e la capacità di girare ad alti ISO tenendo a bada il rumore. Gli screenshot sono estratti da video 4K girati con profilo colore Eterna, dotato di un look già pronto sebbene conservi tutti i vantaggi di un log, inclusa la preservazione della gamma dinamica da 12 stop.