Parliamoci chiaro: produrre contenuti in 4K è un compito a cui tutti i videomaker saranno a breve chiamati. Ce lo dice il continuo aumento di dispositivi di registrazione che lavorano anche a questa risoluzione – dallo smartphone alla videocamera consumer, fino agli apparecchi professionali per produzioni leggere o pesanti – e ce lo conferma il calo dei prezzi di TV e display. Al momento l’anello debole della catena è ancora la distribuzione dei contenuti, ma anche in questo campo qualcosa si muove, ed è lecito aspettarsi novità nei prossimi mesi: iniziare a confrontarsi con questo standard, e magari a farsi un archivio, non è dunque una cattiva idea.
Intendiamoci: si può produrre in 4K ormai da molti anni, ma al contrario di quello che succedeva qualche anno fa (chi si ricorda della prima RED ONE e delle sue bizze?), oggi questa operazione è più che mai facile e alla portata di tutti, dal punto di vista tecnologico ed economico. I sistemi di ripresa sono diventati più semplici da usare, la maggior parte dei computer ben carrozzati può tranquillamente gestire il montaggio, mentre i costi degli apparecchi per un uso anche professionale si stanno allineando a quelli della passata generazione HD. Insomma, il mercato si sta aprendo, il 4K non è più appannaggio esclusivo del cinema, ed oramai tutti i costruttori hanno in catalogo apparecchi dedicati a chi con le immagini ci lavora, anche in configurazione one-man-band.
Tra questi c’è Panasonic, che già da un po’ offre nella sua gamma di fotocamere mirrorless la GH4, una super compatta che fa anche il 4K interno, ed offre la versatilità delle ottiche intercambiabili, unita al sensore in formato Quattro Terzi: una piccoletta di grande ambizione e di costo tutto sommato contenuto, che ha saputo ritagliarsi una bella fetta di estimatori nella fascia bassa del mercato.
Ma il mercato è ampio e le richieste sono tante: velocità di setup, comodità e compattezza, ingressi audio XLR, automatismi efficaci e versatilità d’uso sono qualità che in alcuni contesti servono molto più dell’innesto di un fish-eye o del peso e dell’ingombro ridotti ai minimi termini. La risposta della casa di Osaka è l’AG-DVX200, il nuovo camcorder 4K che monta un sensore Quattro Terzi ed offre tutte le caratteristiche operative di una videocamera come l’azienda ha sempre – e con successo – prodotto.
Il look dell’apparecchio è familiare, con linee spigolose ed un design che ricorda i passati modelli del marchio giapponese. Le nuove sfide del 4K hanno però imposto una revisione importante, che si riflette anche sul design della macchina: il corpo è leggermente più grande e pesante della AG-HVX251, con un valore in assetto operativo di circa 3.1 Kg. Il dato non è certo basso, ma si accompagna ad un ottimo bilanciamento dell’insieme: nell’uso a mano, tramite la comoda impugnatura oppure attraverso la maniglia integrata, l’operatore potrà sfruttare l’equilibrio della macchina per migliorare la stabilità delle riprese.
Dal punto di vista estetico, la macchina si fa notare per la finitura in stile fibra di carbonio e per l’inserto rosso cremisi sul lato sinistro. Finalmente, dunque, un’azienda di livello come Panasonic sfida un tabu che dura da anni, ovvero il total black per le macchine professionali: è vero che così l’apparecchio è più appariscente, ma questo non è sempre un aspetto negativo, specialmente in situazioni ad alto affollamento di camcorder.
Altro elemento di design, meno visibile ma piacevole, è la finitura metallica che segna il punto di contatto fra l’ottica e il corpo camera. Il paraluce in dotazione è rimovibile ed ospita anche un copriobiettivo a saracinesca. A metà fra l’estetico e il funzionale, segnaliamo lo sportello di chiusura a protezione del vano batterie e la posizione del display LCD, orientabile e touchscreen: questo si trova nella parte anteriore della maniglia e si estrae direttamente dal suo alloggiamento di protezione. In generale, pur rispettando in qualche modo il design di famiglia, l’aspetto della nuova AG-DVX200 è moderno, curato nei dettagli ed aggressivo quanto basta.
Sotto la scocca
Dicevamo del peso: 3.100 grammi in assetto operativo non sono certo uno scherzo, in particolare per un marchio che ci aveva in passato abituato a macchine compatte anche sotto i 2 Kg, come ad esempio la AG-HMC151. A differenza però delle più leggere videocamere delle generazioni precedenti, l’apparecchio in prova ha a che fare con il 4K e lo fa implementando un sensore in formato Quattro Terzi, decisamente più grande del terzo di pollice: più risoluzione e più superficie sensibile da coprire richiedono quindi un’ottica costruita in modo diverso, inevitabilmente più pesante. In questo caso abbiamo uno zoom 13x Leica Dicomar che alla prova sul campo si è dimostrato in grado di assicurare un’ottima fedeltà geometrica e basse aberrazioni, unite ad uno stabilizzatore di immagine che consente di girare a mano libera anche a tutto tele, e riesce a dire la sua in caso di movimenti dell’operatore. La luminosità dichiarata è un 2.8-4.5, un valore non al top, ma in grado di assicurare un buon rapporto tra profondità di campo e luminosità, in relazione soprattutto alle dimensioni del sensore. Anche il dettaglio delle immagini ci è parso molto buono, in particolare nei formati di ripresa UHD e 4K.
Sul barilotto dell’obiettivo sono presenti tre ghiere, per il fuoco, l’apertura e lo zoom: quest’ultima può lavorare in modalità completamente manuale o servoassistita, con comando dalla leva a bilanciere sull’impugnatura o da quella a velocità fissa presente sulla maniglia.
La sezione ottica è altresì equipaggiata con filtro ND a quattro posizioni (clear, 1/4, 1/16 e 1/64), una dotazione cruciale per la velocità operativa ed anche per le scelte fotografiche. Questa macchina, infatti, monta un sensore di formato generoso, utile per cercare effetti di ridotta profondità di campo: il filtro ND consente di sfocare per bene aprendo tutto il diaframma anche in presenza di forte luce, ed averlo integrato nel corpo camera risolve tutta una serie di scomodità e di difetti, ben presenti a chi gira con HDSLR o mirrorless, che ne sono invece sprovviste. Certo, la morbidezza dello sfocato che si riesce a realizzare con un’obiettivo integrato di questo tipo non è paragonabile a quella di una lente fotografica, ma sarebbe anche sciocco paragonare le due cose, visti i diversi costi e la diversa impostazione di tali lenti. Se poi aggiungiamo che la Panasonic offre anche una modalità macro che consente di mettere a fuoco un soggetto anche attaccato al paraluce, possiamo affermare che la versatilità del gruppo ottico di questo apparecchio è davvero molto, molto interessante.
La lunghezza focale equivalente in 35 mm varia a seconda del formato di registrazione selezionato: in Full HD abbiamo un 28-365.3 mm, che si stringe leggermente (29.5-384.9 mm) quando si lavora in 4K a 24p. In UHD il valore cambia di nuovo: a 25p il minimo grandangolo è pari a 30.6 mm, mentre a 50p arriviamo ad un 37.2 mm. A parte quest’ultimo dato, che in effetti è poco ampio per una macchina ad ottica fissa, le altre piccole variazioni non rappresentano una limitazione a nostro avviso insormontabile. Le differenze di focale dipendono dall’attivazione di un’area più o meno estesa del sensore a seconda del formato di registrazione scelto. La videocamera, infatti, può lavorare in UHD a 25 o 50 frame al secondo, e può realizzare anche il 4K cinematografico (4096×2160) a 24.00p: secondo le intenzioni della casa, questa opzione è dedicata alle produzioni cinematografiche in cerca di una macchina di basso costo e di impostazione veloce, da utilizzare come seconda macchina o come crash cam. Panasonic ha del resto in catalogo la VariCam 35, macchina da presa in Super35mm per il cinema: per mettere insieme le immagini prodotte da queste due macchine di costo e concezione così diversa, la AG-DVX200 offre una modalità di registrazione flat chiamata V-Log L, mutuata appunto dalla sorella maggiore e che permette di ottimizzare al meglio la gamma dinamica delle immagini.
Oltre al 4K e all’UHD, la macchina offre anche molte opzioni per la registrazione in Full HD, a partire dall’AVCHD, ampiamente compatibile e diffuso. Il Full HD può essere registrato direttamente su file mov o mp4 con bitrate di 50 o 100 Mbps o addirittura di 200 Mbps con compressione ALL-I. Le velocità di banda per gli altri formati sono pari a 100 Mbps per il 4K e per l’UHD a 25p, mentre diventano 150 Mbps per l’UHD a 50p.
Registrare questo flusso di dati, che sia UHD o Full HD ALL-I, richiede l’uso di schede di memoria veloci: se per lavorare in AVCHD basta una SDHC di classe 4, per gli usi più impegnativi bisogna salire a classe 10 o addirittura optare per schede compatibili con UHS Speed Class3. Durante le nostre prove, però, siamo riusciti a registrare correttamente con una scheda SDXC di classe 10 UHS1 anche in UHD e in Full HD a 200 Mbps: ad ogni cambio di formato, la videocamera ci ha cortesemente segnalato la velocità insufficiente della scheda, per poi lavorare tranquillamente. C’è da dire che per non incorrere in sorprese è meglio seguire le specifiche e dotarsi di schede di velocità raccomandata, i cui costi sono davvero abbordabili. Grazie Panasonic per aver scelto un formato di scheda aperto e a basso costo!
4K e UHD
La macchina organizza i file in cartelle, una per ogni volta che si cambiano le impostazioni di registrazione, mentre l’eventuale girato in AVCHD è conservato nella cartella Private.
Le immagini girate in 4K e in UHD si presentano con un ottimo livello di dettaglio e sono caratterizzate da un leggero sharpening, che però può essere gestito a seconda dei gusti, attraverso le impostazioni presenti negli scene file, di cui parleremo più avanti. In generale, le risoluzioni elevate sono quelle a cui l’apparecchio dà il meglio di sé: in Full HD, infatti, il livello di dettaglio è appena sotto il livello delle macchine più risolute e soffre un po’ sui totali o in quelle situazioni dove l’abbondanza di informazione porta l’encoder al limite. Potendo scegliere, e visto che i bitrate dell’UHD non sono poi così elevati, è preferibile acquisire un master 3840×2160 e poi scalarlo in Full HD nel software di montaggio, per ottenere così un livello di dettaglio delle immagini davvero molto buono.
La sensibilità nativa della camera è di ISO 500 (equivalente a 0 dB) ed offre un’ottima pulizia di immagine. Inoltre, una modalità chiamata High Sensitivity consente di guadagnare circa uno stop e mezzo senza introdurre rumore, almeno a sensibilità contenute: in caso si debba girare in condizioni di luce scarsa, l’uso di questa modalità è da preferire rispetto all’innalzamento del guadagno. La macchina offre anche un Super Gain, corrispondente ai 30 e 36 dB, che però introduce una tale quantità di artefatti da non poter essere considerato come una valida soluzione.
Dai nostri test abbiamo riscontrato una sostanziale equivalenza tra la sensibilità alle diverse risoluzioni a cui lavora la macchina: in generale non ci sembra che questa videocamera sia da considerarsi alla stregua delle super sensibili reflex e mirrorless night-for-day di ultima generazione, anche se si difende bene in interni e fino ad oltre 2000 ISO (12 dB) non introduce grana troppo evidente.
In ogni caso, i risultati ottenibili con questa videocamera sono piacevoli da vedere, grazie prima di tutto alla grande risoluzione che caratterizza le immagini. Inoltre, in macchina si possono variare le molte impostazioni raccolte nello scene file che si sceglie di utilizzare: ne sono presenti 6, personalizzabili in tutti i dettagli, dalla matrice colore alla curva del gamma con ben 7 varianti. Altri parametri personalizzabili sono il dettaglio, il coring, lo skin tone, il V detail level, il dettaglio nelle aree luminose, la correzione del WB, la densità e il bilanciamento del colore, una correzione colore in camera, il piedistallo e il ginocchio, la curva del gamma nelle basse luci, il DRS (Dynamic Range Stretcher), l’auto iris ed infine il V-Log L, la cui attivazione inibisce l’uso di tutti gli altri parametri.
Con il V-Log L si riesce a raccogliere tutta la gamma dinamica del sensore, rimandando però le scelte sul look dell’immagine alla fase di color grading, che diventa un passaggio obbligato. Come accade su tutti i dispositivi che lavorano in curva logaritmica, le immagini appaiono prive di contrasto, il che complica un po’ la messa a fuoco del soggetto: la macchina ha però un dispositivo di assistenza, attivabile prima dell’inizio della registrazione, che consente di visualizzare sul monitor una preview in REC.709, tenendo premuto uno dei tasti personalizzabili opportunamente impostato. Una volta interrotta la pressione del tasto, il display LCD tornerà a mostrare l’immagine in V-Log L.
Occhio al display
Proprio il monitor è una delle novità della macchina, per dimensione, risoluzione e, come scrivevamo prima, tipo di alloggiamento. Il dispositivo ha una diagonale di 4,3 pollici ed è dunque più ampio che in passato: la risoluzione non è ovviamente 4K ma consente di controllare – abbinata ai dispositivi di assistenza – fuoco e dettaglio delle riprese. Il display è anche un touchscreen, tramite il quale si può navigare nel menu o attivare quattro dei 12 pulsanti personalizzabili dell’apparecchio. La navigazione touch è perfettamente utilizzabile ed offre, a giudizio di chi scrive una risposta migliore rispetto alla ghiera di navigazione e selezione che si trova sulla base del camcorder. Oltre al display, la AG-DVX200 monta un EVF con ampio oculare in gomma, provvidenziale in esterni per quanto anche l’LCD si difenda bene sotto i raggi solari. Il mirino è accompagnato da un sensore di prossimità che ha il compito di attivare l’EVF e spegnere il display quando si avvicina l’occhio all’oculare. Una soluzione intelligente per ottimizzare la durata della batteria, che però può causare uno spegnimento dell’LCD non voluto quando, ad esempio, si accosta accidentalmente il mirino ad una superficie qualunque. Il sistema può essere disattivato solo impostando l’LCD come unico dispositivo di visualizzazione: in alternativa, si può assegnare il cambio di dispositivo di visualizzazione ad un pulsante personalizzabile. Confidiamo in un futuro aggiornamento firmware che consenta all’utente di gestire a piacimento il sensore di prossimità.
Come su ogni videocamera che si rispetti, un ampio numero di pulsanti e selettori consente all’operatore di accedere ai principali controlli e funzioni della macchina. Delle tre ghiere di controllo dell’ottica e dei filtri ND abbiamo già detto: sul lato dell’ottica si trovano inoltre i pulsanti per la gestione dell’apertura del diaframma (molto morbida la risposta di quella automatica, ed è anche regolabile dall’utente), il focus assist, la messa a fuoco manuale o automatica, il push auto (sempre utile) e quattro pulsanti personalizzabili. Subito sotto c’è il piccolo selettore per l’inserimento dello zoom motorizzato, mentre la base del camcorder ospita tre selettori per gain, bilanciamento del bianco e visualizzazione delle info sul display, subito prima della ghiera di navigazione del menu e dei pulsanti menu e shutter.
Nella “zona rossa” sono posizionati i due slot per le schede (coperti da uno sportello a scomparsa) e i controlli dei canali audio, compresi due potenziometri per i livelli, che sono accessibili anche con lo sportello in plastica chiuso. Subito sotto si trovano il selettore auto-manuale e tre pulsanti personalizzabili, incluso quello che mostra il waveform monitor: questo è uno dei sistemi di assistenza per l’esposizione, che si aggiunge all’istogramma e allo zebra pattern a due posizioni. Quest’ultimo può essere impostato come continuo o provvisorio, da visualizzare cioè solo nei secondi seguenti alla pressione del tasto dedicato.
Sul lato destro segnaliamo la presenza delle connessioni per l’alimentazione a rete, SDI, TC in/out, video, uscita cuffie e prese per il remotaggio della macchina, il tutto coperto da sportelli in plastica. Sempre a destra si trovano i due ingressi XLR che sono però in due punti differenti della carrozzeria: il primo si trova sulla maniglia superiore, mentre il secondo è tra l’impugnatura e le connessioni video. Sull’impugnatura trovano posto la leva dello zoom, il pulsante rec e un pulsante personalizzabile. Il retro della macchina ospita poi le connessioni USB host e device e l’uscita HDMI, la sola che possa veicolare i segnali 4K e UHD ad un registratore esterno: tramite questa porta passano segnali 8 bit 4:2:2 oppure 10 bit 4:2:2. In quest’ultimo caso, però, la macchina non può registrare internamente.
La maniglia superiore è dotata di quattro fori per vite filettata, due da 1/4” e due da 3/8”. Sempre sulla maniglia trovano posto un secondo pulsante rec (coperto da un piccolo sportellino in plastica), una seconda leva ed altri 4 pulsanti che servono a controllare la fase di playback della videocamera.
Registrazioni creative
Tra le modalità speciali di registrazione, la macchina offre il VFR, ovvero il frame rate variabile da 2 a 120 fps in Full HD: per accedere a questa funzione è necessario associarla ad un pulsante personalizzabile, per poi impostare con la ghiera di selezione la velocità desiderata.
La ripresa a frame rate elevati aggiunge di sicuro un importante strumento creativo in più per il filmmaker, che può lavorare con ralenti fino a 5x o riprese accelerate realizzate direttamente in macchina. Il sistema può produrre infatti file già rallentati a 25 o 50p (e nelle corrispondenti frequenze NTSC) senza bisogno di conformare nulla in post. Quando si selezionano velocità di 100 o 120 fps, però, la macchina attua un certo overscan dell’immagine, con relativo restringimento dell’angolo di campo e con una apprezzabile perdita di dettaglio delle immagini, che risultano più morbide di quelle girate senza VFR. Impostando velocità inferiori, per esempio 75 fps, i risultati sono più corretti sia come angolo di campo che come resa complessiva dell’immagine. Accanto a questa possibilità restano i 50/60p (anche in UHD) che possono essere facilmente rallentati tramite i software di montaggio, per ottenere ralenti anche di 2.4x.
All’opposto del ralenti, abbiamo la ripresa accelerata che può essere ottenuta sempre con il VFR o con la registrazione ad intervalli.
La presenza del doppio slot per card SD consente poi alcune modalità di ripresa complesse, che possono rispondere a necessità specifiche: ad esempio il relay recording, che consente di passare da una scheda all’altra senza soluzione di continuità, raddoppiando la capacità di registrazione dell’apparecchio; oppure la registrazione simultanea, per avere un backup del girato direttamente in macchina. Completano il quadro il pre rec di 4 secondi, il background recording (una scheda in registrazione continua e l’altra solo su pressione del tasto rec) e il dual codec, che crea una seconda copia del girato a qualità diversa dalla prima, ideale per avere versioni leggere del girato: e quando si produce in UHD questo può aiutare…
La Panasonic AG-DVX200 è dunque una faretra con molte frecce, lo strumento versatile che unisce risoluzione al passo coi tempi e facilità di utilizzo, il tutto in un corpo compatto. Il videomaker ha così la possibilità di girare in UHD e 4K, con semplicità e senza rinunciare ad un pizzico di creatività quando serve, sia essa la ricerca dello sfocato o una ripresa in timelapse o al ralenti. Dalle news ai documentari, dagli eventi alle produzioni TV, questa videocamera potrà sicuramente dire la sua e convincere una fetta ampia di professionisti del settore.