Poco più di tre anni fa, l’epoca delle HDSLR era nel pieno del suo splendore: in quel periodo si affacciavano le prime videocamere Super 35mm, l’idea di una palmare che registrasse il 4K senza accendere un mutuo era confinata alla lista dei desideri e nessuno aveva ancora visto le foto di Plutone. E fu così che una mattina di giugno 2012 arrivò in redazione la JVC GY-HQM10, una videcamera che faceva proprio questo, il tanto agognato 4K-senza-mutuo-e-nel-palmo-della-mano. Certo, con un piccolo stratagemma: le immagini venivano scomposte in quattro porzioni full HD e registrate su quattro schede SD in parallelo; andavano poi ricomposte in un unico file ProRes 3840×2160 al momento dello scarico del girato.
Il compromesso era necessario, visto che all’epoca dei fatti il prezzo e la disponibilità di schede e supporti adatti ai quasi 150 mbps del 4K avrebbe fatto di sicuro lievitare i costi dell’operazione.
Con un occhio sempre attento al budget, ed un altro al mercato in continua evoluzione, a distanza di tre anni JVC ha lanciato una nuova gamma di camcorder che registrano in 4K (e su una scheda sola). Gamma composta da due piccole palmari d’assalto, con ottica integrata (GY-HM170E/200E), e da una macchina, la GY-LS300 in prova in queste pagine, ad ottiche intercambiabili e con sensore Super 35mm. Non solo ENG, dunque, per questa videocamera che, con la profondità di campo ben più ridotta delle tradizionali prosumer, strizza l’occhio al linguaggio cinematografico e a tutti i filmmaker.
L’apparecchio monta un innesto per obiettivi Micro Quattro Terzi (MFT, abbreviato all’inglese) e dispone di un sistema di lettura del sensore in grado di gestire le diverse coperture di ottiche di vari costruttori, progettate per sensori di taglia differente. Per essere più chiari, grazie al ridotto flange back del sistema Micro Quattro Terzi, sulla GY-LS300 si possono montare, tramite anelli adattatori, lenti progettate per sensori full frame, APS-C, o addirittura con attacco PL oppure super 16mm di vari marchi. La soluzione più ovvia e comoda è quella di impiegare obiettivi fotografici con innesto MFT. Per esempio Panasonic e Olympus, o di altri produttori come nel caso delle ottiche 24 e 85 mm Walimex Pro (il marchio tedesco per i Samyang), arrivate in redazione insieme alla macchina. Tali obiettivi hanno la particolarità della copertura del super 35mm nonostante l’innesto MFT: questo permette di ridurre il fattore di crop 2x tipico delle ottiche di questo formato e preservare un po’ di più i grandangoli.
Il Variable Scan Mapping, così si chiama il sistema che gestisce le dimensioni dell’area attiva del sensore, permette dunque di abbinare alla GY-LS300 le lenti più disparate, accordando di fatto il camcorder con il parco ottiche a disposizione di una grande varietà di utenti.
Un nuovo sensore
Il sensore montato su questa videocamera è prodotto da Altasens, una controllata del gruppo JVC-Kenwood: si tratta di un CMOS compatibile con il formato Super 35mm, con 13.5 MP di risoluzione, sensibilità nativa 400 ISO e 12 stop di gamma dinamica dichiarata.
Per ottenere riprese in 4K (o meglio in UHD 3840×2160) sarebbero sufficienti poco più di 8 milioni di pixel: la risoluzione del sensore eccede questo valore, ma è la base che consente al Variable Scan Mapping di funzionare. Di fatto il sistema attiva solo i fotodiodi all’interno dell’area di copertura di ciascuna lente e dunque elimina eventuali vignettature ai bordi dell’inquadratura.
Il VSM non è automatico, ma va impostato manualmente. Per attivare il crop del sensore è necessario entrare nel menu di sistema ed accedere al Record set, in cui è possibile impostare anche il formato di registrazione e la modalità. L’opzione del VSM è in effetti un po’ nascosta e non può essere associata ad uno dei nove pulsanti personalizzabili: questo rende la vita più complicata in caso di parco ottiche misto (come nel caso della nostra prova), mentre è ininfluente se le ottiche a disposizione sono tutte con lo stesso innesto e copertura.
Quando si gira in 4K, il VSM non va oltre l’80% del sensore (corrispondente alla copertura delle lenti MFT) per preservare la definizione delle immagini. In HD, invece, il crop arriva fino al 43% del sensore e permette dunque di usare senza vignettature anche le ottiche per il super 16mm.
Stando a quanto vediamo sul menu, il crop che corrisponde al 4K nativo è l’86%: usando dunque lenti Micro Quattro Terzi e scegliendo il ritaglio corrispondente (80%) si va incontro ad un leggero sovracampionamento delle immagini, anche se – a dirla tutta – nelle nostre prove non abbiamo riscontrato una perdita di definizione evidente tra immagini con VSM all’80% e quelle girate al 100%.
Ergonomia
Il corpo macchina presenta linee spigolose ed una forma compatta, non certo ai vertici della portabilità ma comunque in grado di entrare in uno zaino fotografico, insieme a due o tre obiettivi. La costruzione è abbastanza solida per essere maltrattata a dovere nell’uso quotidiano.
La maniglia superiore è rimovibile ed ha un connettore integrato, posizionato subito dopo la vite di serraggio: al momento dell’installazione, un piccolo sportello a molla svela il connettore del corpo camera, che si trova al di sotto della scocca. Inserendo la maniglia nella slitta flash, i due connettori vanno in posizione: ecco un modo intelligente per eliminare i fastidiosi cavi di collegamento presenti, ad esempio, sulle Canon Cinema Eos.
La maniglia accoglie gli ingressi XLR ed il supporto per il microfono esterno in dotazione con l’apparecchio, mentre sul lato opposto ospita i potenziometri per i livelli ed i selettori dei canali audio. Sulla parte superiore, si trovano una slitta flash supplementare, il tally, la leva e il selettore a tre posizioni per la velocità costante dello zoom (da usare con gli obiettivi motorizzati compatibili), il blocco di sicurezza e il pulsante rec. Sul corpo macchina è presente anche un microfono integrato, (e pertanto è possibile usare l’apparecchio senza la maniglia installata potendo contare sull’audio d’ambiente), a dire il vero non di eccelsa qualità.
Considerato che il peso del frontale varia di molto in funzione degli obiettivi installati non è possibile esprimersi in merito al bilanciamento della macchina: con il Walimex 24 T1.5 – che pesa da solo 650 grammi – l’insieme tende a spostarsi decisamente in avanti. Altre soluzioni, con lenti zoom MFT fotografiche come ad esempio il Panasonic Lumix 12-35 f/2.8 che pesa circa la metà, offrono un bilanciamento più corretto (e un grandangolo decente…) ma comunque non comparabile con quello di una palmare ENG. Ma del resto se si ha bisogno di una macchina per operare esclusivamente a mano e di corsa, non si dovrebbe nemmeno aver bisogno delle caratteristiche peculiari della LS300… e allora meglio optare per un apparecchio più piccolo e leggero, come le due macchine JVC della stessa gamma di quella in prova, perfette per le news e pronte per il 4K.
L’apparecchio è dotato di mirino elettronico, comodo in esterni anche se non al top per la risoluzione, ed offre anche un display da 3 pollici e mezzo. La dotazione di pulsanti e controlli dedicati è quella tipica di un camcorder, e consente di gestire con facilità la ripresa. Da segnalare la presenza di tre filtri ND integrati da 1/4, 1/16 e 1/64 (mai benedetti abbastanza, chi gira in reflex lo sa bene…) e il sempre utile sistema di assistenza alla messa a fuoco targato JVC: l’azienda ha una lunga e consolidata tradizione in materia, e l’applicazione del sistema su questa macchina non tradisce le attese. Quando si preme il pulsante dedicato, l’inquadratura vira in b/n e i bordi dei soggetti a fuoco si accendono di blu (o rosso o verde), trasformando un’operazione critica in una passeggiata. Tra gli altri dispositivi di assistenza presenti, lo zebra a due livelli ed un sistema di misurazione del decadimento luminoso ai bordi dell’inquadratura, da utilizzare per verificare la corretta impostazione del VSM. Quello di cui si sente la mancanza è invece un waveform monitor o istogramma, per controllare l’esposizione che è invece affidata al solo zebra pattern.
Oltre al controllo full manual, è possibile gestire esposizione e bianco in modalità automatica, con buoni risultati nelle situazioni di passaggio. Montando una lente a diaframma meccanico come le Walimex in prova, la macchina compenserà agendo sulla velocità dell’otturatore e sul valore degli ISO. In modalità preset è invece possibile bloccare il bianco e lasciare l’esposizione in automatico.
Due slot e tanta scelta
La sezione di registrazione della GY-LS300 è all’insegna della versatilità di formati e modalità di registrazione. I due slot per le schede di memoria sono posizionati nell’alloggiamento del display e sono coperti da uno sportello scorrevole in plastica trasparente, sormontato dal pulsante di selezione dello slot attivo. La macchina può usare schede SDHC ed SDXC, ma quando si seleziona il 4K diventa schizzinosa e può dare come ‘non valide’ anche schede recenti e veloci: per non sbagliare, è meglio seguire il consiglio riportato sul manuale ed utilizzare card UHS-1 U3. Per l’HD, invece, è sufficiente una classe 10.
I due slot possono funzionare in serie, ovvero con cambio automatico al riempimento della card, oppure in Dual Rec, realizzando cioè due copie di ciascun file su due schede distinte: un’ottima opzione per avere già sul set una seconda copia del girato.
La GY-LS300 offre un’ulteriore modalità chiamata Backup Rec che di fatto utilizza una scheda in registrazione continua e l’altra per memorizzare solo i take attivati col pulsante rec. Questa opzione è concettualmente simile al Pre Rec e permette di non perdere nulla di un evento, girando allo stesso tempo delle clip più selezionate per agevolare il montaggio. Il Pre Rec tradizionale invece consente di aggiungere in testa alla clip i 5 secondi antecedenti l’avvio della registrazione (in HD, fino a 15). Fra le altre modalità speciali troviamo il Clip Continuos, per realizzare dei montaggi in camera già raccolti in un unico file, il Frame Rec (ad ogni pressione del tasto rec viene registrato un numero predefinito di frame, poi uniti in unico file) e la registrazione ad intervalli, per girare in timelapse senza caricarsi di ore ed ore di girato da accelerare in post.
Queste opzioni fanno sì che la videocamera offra la giusta dose di versatilità per gli operatori impegnati in produzioni con un certo occhio alla modernità del linguaggio e alla flessibilità operativa. In questo senso va anche la registrazione HD+web, per registrare le stesse immagini in piena qualità e ridimensionate e compresse in SD con bitrate molto contenuti (anche 3 Mbps), per l’upload più veloce o da usare come proxy.
Oltre al 4K UHD a 150 Mbps con frequenza di 30, 25 e 24p, la LS300 può operare in SD ed in HD, con possibilità di scelta tra file QuickTime e AVCHD e fra progressivo ed interlacciato. Tra i due formati di file la differenza è sostanzialmente nel bitrate (molto più elevato in QuickTime) e nella possibilità di passare dalle frequenze PAL a quelle NTSC senza cambiare scheda sempre per il QuickTime.
In AVCHD il massimo bitrate è i 28 Mbps, mentre con il QuickTime si arriva ai 50 Mbps. Inoltre, è possibile girare con compressione colore YUV 4:2:2, per ottenere più sfumature di colore in un formato che meglio si accorda alle richieste delle produzioni di un certo livello. Avete presente il cielo girato con una reflex? Per evitare il banding è necessario girare in 4:2:2 nativo, cosa che la JVC è in grado di fare con successo. Sempre in QuickTime, si può scegliere anche il 720p a 60 e 50p.
Attenzione però: il cambio di formato di registrazione (anche solo per la frequenza) implica un piccolo tempo di attesa, nell’ordine dei 17/18 secondi, per consentire all’apparecchio di reimpostare il sistema, per cui è un’operazione da evitare nell’imminenza degli eventi. In avvio invece la macchina è più veloce ed è operativa in circa 10 secondi.
Insomma, con la GY-LS300 si può girare in 4K con un codec dalla gestione molto semplice, in full HD, in SD, a 50/60p, in 4:2:2 e con un’ampia gamma di opzioni creative, senza dimenticare il sensore largo ed il relativo controllo della profondità di campo, che consente di ottenere piacevoli effetti di sfocato senza però arrivare ai livelli critici di una full frame, con tutti i risvolti impegnativi dal punto di vista della messa a fuoco che tali macchine portano con sé.
Ma non era bruciato?
Anche la gamma dinamica dell’apparecchio sembra quella tipica di un camcorder con ambizioni cinematografiche: in particolare la macchina regge bene le alte luci, con possibilità di recuperare in color anche le zone che lo zebra al 100% segnava come bruciate. Per ottenere questo risultato è necessario lavorare sulle impostazioni di immagine contenute nel menu Camera Process, da dove si regolano il livello di dettaglio orizzontale e verticale, il piedistallo, il guadagno o la compressione sui neri, il ginocchio e il punto di bianco: è proprio quest’ultimo ad influenzare la recuperabilità in postproduzione di cui abbiamo appena detto. Inoltre, in questo pannello del menu è possibile scegliere una curva del gamma tra due opzioni (standard e cinema), la matrice colore (cinema subdued, cinema vivid e standard), compensare il bilanciamento del bianco oppure attivare il wide dynamic range, ovvero una modalità per gestire meglio le immagini con alto contrasto.
Come impressione generale, i risultati out-of-the-box sono in linea con la tradizione del marchio, molto presente nel settore ENG e televisivo in generale: in più, questo apparecchio offre personalizzazioni che consentono di ottenere un look più cinematografico direttamente in macchina, per unire la velocità di esecuzione tipica del broadcast con un tocco di modernità, senza perdere troppo tempo in color.
Nelle situazioni di scarsa illuminazione, la macchina ha mostrato un comportamento discontinuo. Nelle prove in studio, con la classica prova del lume di candela, abbiamo riscontrato rumore evidente a partire dai 3200 ISO, con un risultato tutt’altro che gradevole. Lavorando invece in situazioni più realistiche, come ad esempio un esterno notte basato solo sulle luci ambientali, la resa a 1600 ed anche a 3200 ha mostrato risultati decisamente più gradevoli. Per curiosità abbiamo messo a confronto la macchina con altri due apparecchi, una DSLR APS-C di una generazione fa ed una mirrorless full frame top di gamma per quanto riguarda le basse luci. Ebbene a parità di ISO, la JVC si colloca esattamente nel mezzo fra le due: a nostro avviso il rumore presente nelle immagini realizzate sopra i 3200 ISO (la macchina ha una modalità LowLux che arriva ai 36 dB corrispondenti circa a 12800 ISO) può essere giustificato solo da eventuali usi di cronaca, mentre in quelle intorno ai 1600 la grana risulta quasi piacevole. Alla sensibilità nativa di 400 ISO si ottiene una buona pulizia di immagine. Parlando sempre di sensibilità, non abbiamo riscontrato particolari differenze girando in 4K o in Full HD. Per quanto la risoluzione delle immagini UHD girate dalla macchina sia superiore a quello dell’HD, ci saremmo aspettati una maggiore incisione, anche se per certi aspetti (incarnato in primis) la morbidezza potrebbe risultare un valore.
In HD invece abbiamo dovuto ridurre il dettaglio dal menu Camera Process, per ridurre l’effetto sharpening sui contorni degli oggetti.
In ogni caso la macchina produce delle immagini HD piacevoli, e la possibilità di girare fino a 60p permette anche di ottenere facilmente degli slow motion molto fluidi.
Live Streaming
La GY-LS300 è dunque una videocamera che offre un ampio ventaglio di opzioni creative, dalla profondità di campo ridotta alla possibilità di montare diversi tipi di ottiche, fino alla grande versatilità di formati e modi di registrazione. Oltre agli impieghi di natura artistica e creativa, come tutte le macchine JVC, ha un set di opzioni pensate per l’ENG (per esempio gli ingressi XLR con alimentazione Phantom) e tra questi non si può non nominare lo streaming, per il quale serve un adattatore wifi (ce ne sono dal costo di poche decine di euro) o 4G LTE. L’impostazione della connessione non è semplicissima, come del resto per qualsiasi altra macchina che faccia quello che, fino a qualche anno fa, era un altro dei punti del libro dei desideri. Attraverso la connessioni wireless si possono uplodare le clip su server predefiniti, controllare la macchina da remoto, gestire i metadata delle clip e realizzare una trasmissione in streaming, su Ustream o Wowza, potendo contare sulla tecnologia Zixi di trasmissione su IP.
Sullo streaming torneremo in futuro con un articolo ad hoc: per ora ci limitiamo a ricordare che la possibilità di inviare in diretta un feed di immagini è una richiesta sempre più presente per chi lavora nel campo ENG, e non è da escludere una diffusione crescente anche in altri campi, dagli eventi alle cerimonie.
Le connessioni wired annoverano invece una 3G-SDI e l’HDMI in grado di gestire anche il 4K.
Un jolly prezioso
Insomma la JVC GY-LS300 è una macchina che può fare molte cose, indicata per chi lavora su più campi contemporaneamente e vuole dotarsi di un apparecchio flessibile, che resiste alle intemperanze dei capannelli di giornalisti ed operatori (ma portatevi il monopiede, per gestire meglio il peso dell’ottica) e non sfigura nella realizzazione di un reportage, un video aziendale o un matrimonio, in cui si cerca – com’è ovvio – uno stile più creativo. Last but not least, la macchina ha un costo davvero molto interessante (poco più di 3000 euro iva esclusa), considerato quello che offre: la possibilità anche per chi ha ancora la maggior parte delle commesse in HD, di continuare a lavorare con un camcorder e di iniziare a produrre materiali in 4K. Una scelta intelligente, per assicurarsi continuità operativa e, allo stesso tempo, ricerca sul futuro del proprio mestiere.