Tutto Digitale 101 – Editoriale di Stefano Belli

Il re è nudo. Anche se molti non se accorgono

Basta con le false recensioni (di ristoranti). E basta con le false recensioni di prodotti foto, video, hi-tech!

Qualche sera fa, entrando in un ristorante milanese, la mia attenzione è stata catturata da un cartello ispirato ai classici divieti del codice della strada. Intitolato ‘Locale #NoTripAdvisor’, tale cartello recava anche lo slogan ‘Basta false recensioni’ e l’indirizzo www.italiaatavola.net, promotore dell’iniziativa. Inutile dire che la sola scoperta di questa iniziativa mi ha messo di buon umore: non credo ai miracoli, non credo alle favole, sono un essere razionale e (ritengo, con la vostra benevolenza) ben pensante e non sono mai riuscito a comprendere come mai la grande massa di navigatori del cyberspazio, come si diceva una volta, possa pendere dalle labbra di quanto si legge su un sito – TripAdvisor, appunto, per non far nomi – quando si tratta di scegliere un albergo o soprattutto un ristorante. Intendiamoci: sarebbe piaciuto a me aver avuto la brillante idea di inventare Tripadvisor (o magari Facebook, o tutti i più diffusi ‘social’) perché, come si sa, con la maggior parte (forse tutte?) delle iniziative legate al web chi ci guadagna davvero è solo chi ha avuto la brillante idea di cui sopra… Invidia a parte, l’idea di TripAdvisor è suggestiva, e solletica alla perfezione quell’idea di democrazia estesa che i puri di spirito ritengono uno dei valori di Internet: tutti possono dire tutto quello che vogliono (pardon, nello spirito utopistico degli illuminati dovrei dire ‘possono esprimersi’). E così, per andare a cena, perché consultare una guida seria (o seguire un sito serio, ovviamente), realizzata da professionisti della materia con grande esperienza sulle spalle? Meglio collegarsi a Tripadvisor e vedere il parere di Desdemona 66 oppure Kioppo o magari AldoZ. Il problema è che, anche qualora si trattasse di recensioni realizzate in buona fede (cosa della quale spesso è lecito dubitare, come vedremo più avanti), in sostanza, in molti casi, non si legge nulla di significativo. Ecco un esempio tipico (cambiando qualche termine, il risultato non cambia e può essere adattato a locali di tutto il mondo). ‘Buon ristorante, ampia scelta, ma niente di eccezionale. Offerta di piatti sia della cucina milanese che di pesce. Manca qualcosa per passare di livello’. Dunque questo ristorante è ‘buono’, ma ‘niente di eccezionale’ e ‘manca qualcosa’. Quindi? Un giudizio che sembrerebbe appartenere alla stragrande maggioranza di locali, fra ‘mediocre’ e ‘medio’… la ‘recensione’ inoltre non ci aiuta a capire come siano arredo, servizio, cantina, rapporto qualità prezzo… Stendiamo poi un velo pietoso su quei ‘recensori’ che si spingono a dare un giudizio sul costo del pasto: se sorpassa i 30, 35 euro a testa, diventa un furto per principio. In realta, in ogni settore bisognerebbe distinguere fra ‘caro’ e ‘costoso’. Già, ma chi usa abitualmente TA dice che certo non si limita all’ultima ‘recensione’ (scusate, non riesco proprio a scriverla come tale, senza virgolette…), ma ne legge sempre alcune e poi tira le somme. Sarà. Comunque provo anch’io, stando bene attento. Nell’ultimo mese, la Trattoria Felicità (il nome è di fantasia, in tema con l’argomento trattato…) ha avuto numerose valutazioni. Curiosamente, i voti vanno da una stella a cinque e poi, in alcuni giorni si nota che – a distanza di poche ore – si trovano giudizi entusiastici (‘…eccezionale, davvero da consigliare… ci tornerò ogni volta che posso…) ed altri che stroncano senza pietà il locale (‘… si mangia da far schifo… servizio pessimo, conto esagerato…). Andando indietro nel tempo si nota che queste coppiette di pro e contro sono abbastanza comuni, ma in genere nella maggior parte dei casi le ‘recensioni’ oggi sono abbastanza neutre. Il perché lo vedremo poi, se avete pazienza. In ogni caso, tali ‘recensioni’, al massimo, citano qualche piatto, e stranamente (?!) sono avare di particolari significativi di valore oggettivo. Fin qui abbiamo citato il caso di ‘recensori’ poco esperti, ma almeno in buona fede. Ci vuole poco però ad aggiungere all’elenco i proprietari dei locali, che parlano bene di se stessi sotto mentite spoglie (ovviamente), ed anche i proprietari dei locali concorrenti, che invece parlano male del precedente… E ci vuole pochissimo ad aggiungere i burloni, i mitomani, i presuntuosi ‘so tutto io’, gli sfigati che non hanno altro modo di esprimersi che criticare tutto ciò che li circonda; esemplari del genere umano che una volta si trovavano allo Speakers’ Corner ad Hyde Park, ed oggi prolificano sul web. Il risultato è che – ci sono infiniti casi documentati – a volte quello che risulta come il miglior ristorante di una città, se non di una nazione, è frutto della fantasia iniziale di un buontempone, amplificato dal seguito di web-pecore (scusate, volevo dire dall’effetto virale) ed altre amenità del genere. E non è finita, perché il peggio deve ancora arrivare. A dare un colpo definitivo alla credibilità dell’iniziativa, e per certi versi al sistema ‘democratico’ del web, c’è da aggiugere un po’ di cacio sui maccheroni, se ci perdonate la battuta, ovvero l’esistenza di centinaia di siti nel mondo che offrono recensioni ‘on demand’.

ED_101 TripAD
Sopra, il manifesto di un’iniziativa perfettamente condivisibile. Un link per saperne di più.
Sotto, la copertina del libro Non c’è gusto di Gianni Mura, che segnala tutto quello che dovresti sapere prima di scegliere un ristorante.
ED_101 Gianni Mura
Ecco quindi spiegato il perché di tante ‘recensioni’ piatte, tutte uguali: sono prodotte in serie, con lievi personalizzazioni… non sarebbe certo possibile scriverle – per quanto senza aver provato il locale – comunque documentandosi sulla cucina, la cantina eccetera. Ci vorrebbe troppo tempo, troppo impegno, e, al prezzo medio di qualche euro a segnalazione, è difficile che una web agency o chi per essa possa costruire un falso d’autore; al massimo può abbozzare una situazione verosimile… A questo punto i fan di TA diranno che loro sono in grado di capire e leggere fra le righe – capendo dove e se c’è l’imbroglio, facendo la media fra migliaia di recensioni – e che invece i giudizi delle guide sono sempre ‘comprati’. Naturalmente, quest’ultima ipotesi è ovviamente possibile, ma almeno, come asserisce il giornalista Gianni Mura (che ha scritto un libro illuminante, Non c’è gusto – tutto quello che dovresti sapere prima di scegliere un ristorante) intervistato da Tino Mantarro per il Touring ‘Le guide hanno due vantaggi: sono stabili, durano un anno. E in questa liquidità perenne che è la base di Tripadvisor dove le classifiche cambiano ogni dieci giorni mi pare un indubbio limite. E poi la guida ci mette la faccia. Se vado in un ristorante consigliato e prendo una fregatura so con chi arrabbiarmi: se con il Touring, la Michelin o Gianni Mura che ne ha scritto sul Venerdì. Se prendo una fregatura con un posto consigliato da TripAdvisor o da altri siti con chi me la prendo: con Costanza 92? E cosa ne so dei gusti di Costanza 92? Come faccio a fidarmi di qualcuno di cui non so nulla? In fondo, basta poco… In ogni caso, riferendoci alle guide, ci possono essere molti modi, molte filosofie di base, legati alle recensioni (senza virgolette, stavolta). Se permettete, parliamo del nostro caso. Come i nostri lettori più intimi sanno bene, ormai da diversi anni – sotto l’insegna del Carbonara Club, la cui nascita risale al 1998 – pubblichiamo una Guida dei Ristoranti di Roma selezionati dal Carbonara Club. Un’iniziativa realizzata per passione, certo non per business, perché la base del tutto è il piacere di ritrovarsi a tavola fra amici con le stesse affinità elettive. Andiamo in un locale, scattiamo le foto ai piatti, paghiamo il conto (immagini e ricevute sono pubblicate sulla guida…) e, se il posto ci è piaciuto (osservando la cucina, la cantina, l’ambiente, il servizio, il rapporto qualità/prezzo e soprattutto l’armonia del creato, cioè dell’offerta nel suo complesso), ne parliamo sulla pubblicazione. Se non riusciamo a visitare lo stesso locale almeno due o tre volte l’anno, oppure se siamo incappati in una serata storta (che può accadere anche al miglior ristorante al mondo), non ne parliamo. Il nostro infatti è un solo un ‘quaderno di consigli’ per persone che condividono nei fatti i nostri gusti in tema enogastronomico, non un cahier des doléances contro il mondo intero. Tutto qui. In fondo, si potrebbe semplificare la questione TA – a prezzo di una netta riduzione di segnalazioni, inutile dirlo – obbligando il ’recensore’ ad allegare una scansione del suo documento, la foto dei piatti e soprattutto la ricevuta relativa alla cena commentata (cosa che avrebbe il vantaggio anche di limitare l’evasione fiscale…), sic et simpliciter. Troppo semplice, immagino… Dai ristoranti all’hi-tech il passo è breve Una tale quantità di righe spese per parlare di ristoranti su Tutto Digitale? Sì, come introduzione al ‘Digital Advisor’, alle false recensioni, che affliggono purtroppo anche il nostro settore. Accanto ai siti di aziende editoriali come la nostra, sul mercato da decenni, accanto a siti ‘seri’ e blogger preparati, ritroviamo tanti dilettanti allo sbaraglio, o anche, se tornate qualche riga indietro, ‘burloni, mitomani, presuntuosi ‘so tutto io’, sfìgati che non hanno altro modo di esprimersi che criticare tutto ciò che li circonda’. Complici anche la gratuità e immediatezza di internet, siamo circondati anche nell’hi-tech da false ‘recensioni’, o comunque da informazioni perlomeno imprecise. Una buona fetta di questi personaggi ha magari la passione per la materia, apre uno spazio sul web e ci scrive quello che gli pare, in base alle sue idee. Può trattarsi di un vero esperto, di un esperto autoreferenziato (ovvero di persona che anche a vent’anni, si ritiene – e lo pubblica nel profilo sul web senza vergogna – un guru del settore, un riferimento per i colleghi, addirittura un influencer), di un millantatore, o magari di un candido, magari pure in buona fede. In ogni caso, ad eccezione del possibile vero esperto, ciò che manca a queste persone (oltre alla modestia), e che si nota osservando in profondità il loro sito, è la poca vera esperienza, frutto dell’assenza del duro lavoro dei campi, dello studio ed applicazione, della ‘gavetta’, insomma. Basta aver girato un corto, disporre di uno spazio sul web in cui si condividono idee e suggerimenti (magari, anche diciamo poco ortodossi, sul genere ‘come aggirare’), per mettersi a pubblicare ‘recensioni’. Cioè, spesso, parlare male di qualche prodotto e qualche azienda per testimoniare il proprio spirito libero, cosa che fa ottenere molto seguito, e autorizza a sentirsi qualcuno, e mettere on line una biografia agiografica, ricca di superlativi… Spielberg, o Lucas, o Coppola, o chi vi pare, cosa dovrebbero scrivere di se stessi? In realtà, ai grandi maestri, ai ‘veri’ grandi tout court, non servono aggettivi: basta il nome… Giornalista? No, grazie… Il (falso) successo di tanti blogger, youtuber e compagnia è tale che oggi è difficile trovare qualcuno che voglia entrare come apprendista in una specializzata come Tutto Digitale per arrivare un giorno a esercitare come giornalista. Durante i colloqui, in genere i candidati dichiarano di saper fare foto e riprendere, montare i video, e di gestire un blog, spesso in italiano ed inglese (cioè mettono due parole in inglese e il link alla notizia direttamente al sito originale su cui l’hanno trovata). Si sentono già giornalisti, perché scrivono in un proprio spazio web. Si tratta di persone che sanno cercare in Internet, in un istante, le notizie più strane e curiose, ma se scrivono un articolo non mancano gli errori, diciamo le licenze poetiche (derivate dall’uso di SMS etc) e soprattutto – ciò che è peggio – le certezze. Non ci sono mezze misure, non si cerca di capire ‘perché’: scrivono questo è perfetto, questo fa schifo. Gli autori pensano tali affermazioni magari senza cattiveria, senza malizia, con la presunzione dei giovani che va capìta, ma che dovrebbe essere condita dalla ‘gavetta’ (comprensiva di momenti-no, di errori, anche di fregature: tutta esperienza, si diceva una volta), di cui sopra. Sto esagerando? Forse. Però gli esempi di stranizze, come le definirebbe l’amico Mario citando Battiato, sono infinite: come è possibile pubblicare test di macchine che ancora non sono sul mercato? Basta leggere qualche sito relativo a paesi più tempestivi nella distribuzione, aggiungere il proprio tocco personale, et volià, les jeux sont faits! Poi il risultato viene rilanciato all’infinito e prima ancora che la macchina sia disponibile, che qualcuno l’abbia provata davvero, la voce che gira è che ‘la XY ha troppo rumore’ oppure addirittura che ‘JW è una fregatura’. Ma come, non si tratta di falsa recensione, abbiamo visto nel video che il blogger impugnava la macchina, dunque… C’è una spiegazione a tutto. Ad un recente evento presso un negozio romano, dopo la presentazione di un nuovo prodotto si sono avvicinati due ragazzi che hanno chiesto al promoter di tenere un attimo in mano la macchina oggetto della dimostrazione, quindi si sono fatti fotografare mentre la usavano. Ingenuamente, ho chiesto come mai avessero piacere di farsi tali scatti. ‘è per mettere subito la ‘prova’ (sic!) sul sito!’. Non accettate caramelle dagli sconosciuti Sul web di stranizze ce ne sono davvero tante, e potrei continuare per ore, ma penso di aver abusato sin troppo della pazienza dei lettori, e mi fermo qui. Vorrei concludere con un consiglio d’amico, relativo alle recensioni di ristoranti e di hi-tech, o meglio di prodotti di qualsiasi genere. Un consiglio frutto di oltre quarant’anni di frequentazione assidua di ristoranti e tavole di amici, ed altrettanti passati a comparare apparecchi prima e a coordinare test e tester dopo. Leggete la rivista che vi pare, frequentate il sito che preferite, ma usate la testa. Non credete alle favole, non credete a chi urla di più, a chi si fa bello di niente, a chi millanta esperienze e numeri da fantascienza. Credete invece alla scienza, al valore dello studio e dell’esperienza sul campo realizzata nel tempo, ai valori ‘veri’. Utilizzate lo straordinario potenziale del web per approfondire la materia, non per ottenere facili risposte a domande tipo ‘è meglio A o B’. Non accettate caramelle dagli sconosciuti, dai non qualificati, e nemmeno consigli. O siete il genere di persona che – avendo necessità di spostarsi – andrebbe in auto con una persona mai vista, che non ha conseguito la patente, anzi che non ha mai guidato? Auguri

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