Cinquanta e non sentirli

TV a Colori ©E.V.÷motoperpetuopress

Non gli anni del sottoscritto, che per la cronaca ha raggiunto le 68 primavere, ma quelli dall’inizio delle trasmissioni televisive a colori in Italia. Un evento che forse è stato poco ricordato, ma che in realtà – come tutte le tappe importanti legate agli sviluppi della tecnologia – ha davvero cambiato le cose, con il passaggio dal “televisore” a quello che venne definito “TV Color”, e poi, in un lampo (o quasi), all’8K…

Lo studio delle “invenzioni”, in particolare di quelle relative allo sviluppo di prodotti e applicazioni pratiche di suoni e immagine, mi ha sempre appassionato. Perché si tratta di racconti – spesso fra storia e leggenda – di “oggetti” sempre significativi, che a volte non hanno superato lo stato di prototipo, mentre in qualche caso sono stati invece davvero capaci di cambiare il mondo. E soprattutto perché si tratta di vite vissute di “uomini veri”, di scienziati o persone dotate di grande intuito e senso pratico, di illuminati che hanno cercato di superare i confini del momento che stavano vivendo, fra evoluzioni dei pensieri precedenti e spunti originali. E che hanno comunque arricchito le esperienze comuni, e messo le basi per nuovi passi avanti, a prescindere dagli esiti dei loro sforzi. Infine, trovo affascinante e perfettamente coerente con il tutto che – accanto a piccoli miglioramenti – a volte si sia creato qualcosa che abbia influenzato la Società, e da questa stessa sia stata poi condizionato.

Pensiamo a come è variato il mondo con la nascita del cinema, e come questo si sia evoluto (e continui a farlo) in funzione dei cambiamenti di gusti ed esigenze del pubblico. Oppure, per venire ai giorni nostri, non c’è bisogno di grandi discorsi per ricordare quanto lo smartphone si sia inserito nelle vite di tutti (“troppo”, è il parere di molti ai quali personalmente mi associo, ma questo è un altro discorso). Dunque, nella storia di tecnica e tecnologie applicate all’intrattenimento, pubblico o privato, c’è da scegliere di cosa parlare, anche e soprattutto prima dell’avvento del mondo “tutto digitale”.

Stavolta ci piace ricordare un anniversario che fa cifra tonda (50 anni, mezzo secolo) proprio in questo periodo, e che, con alcune eccezioni, sembra esser stato dimenticato dai media nostrani. Ci riferiamo all’inizio delle trasmissioni a colori del servizio televisivo nazionale (peraltro con notevole ritardo sul resto del mondo civilizzato), il primo passo di quello che sarebbe stato un graduale passaggio di consegne fra b/n e colore. Pensate a quel giorno di mezzo secolo fa: la Signorina Buonasera per eccellenza, Rosanna Vaudetti, appare come è, reale, a colori, appunto, mentre annuncia la trasmissione della cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici di Monaco 1972, il 26 agosto di quell’anno. Una festa per gli occhi, pur con tutti i limiti tecnici dell’epoca, anche se bisogna ricordare che quelle Olimpiadi furono funestate dai noti atti di terrorismo che occuparono le pagine dei giornali. A livello personale, poi, ricordo i momenti di angoscia sapendo che mio padre con un suo amico erano a Monaco per assistere alle gare, e al tempo ovviamente le comunicazioni – senza web né cellulari – erano un po’ meno agevoli (eufemismo) di adesso… In ogni caso, dopo quella che a tutti gli effetti poteva essere considerata la prima vera prova tecnica di trasmissione, come si diceva una volta, pur come accennato in ritardo rispetto ad altri paesi, c’è ancora voluto tempo per le vere trasmissioni a colori. Un ritardo determinato sia da volontà politiche più o meno giustificate, che da questioni legate alla scelta tecnica di base, con due sistemi in lizza proposti da Francia (SECAM) e Germania (PAL). Poi venne scelto quest’ultimo, peraltro adottato praticamente in tutto il continente, e andò bene così (invidia dei cinéphiles/amanti del cinema in casa italiani a parte per l’abbondanza di VHS in Francia già all’epoca). Come sia, piano piano – ultima in Europa insieme a Romania e Portogallo – anche l’Italia parte finalmente con la TV a colori, il primo giorno di febbraio 1977. Un inizio, nemmeno a dirlo, graduale, con tanti programmi inizialmente ancora in bianco e nero, che poi alla fine conquistarono il colore, e un bel giorno gli spettatori riuscirono finalmente ad osservare un Mondo Nuovo, se ci consentite la citazione del nome di uno dei più noti dispositivi dell’era precinema.

Insomma, con la TV a colori nulla sarebbe stato più come prima. Ci sarebbero ancora da aggiungere alcune informazioni sulla storia degli apparecchi televisivi, che coinvolgono momenti autobiografici; questi sono necessari per trasmettere le sensazioni, le emozioni, di quegli anni, e spero siate comprensivi. Dunque, torniamo al 1977. In febbraio come accennato si parte ufficialmente con le trasmissioni a colori, e in quell’anno esce al cinema Star Wars di George Lucas, un altro evento per il quale la frase “da allora nulla sarebbe stato più come prima” si attaglia perfettamente. Un film – al di là di ogni altra considerazione – che ha stabilito nuovi standard per immagini e suoni, e un concetto qualitativo che di fatto ha determinato anche la nascita di una certificazione proprietaria (THX, in realtà espresso nella pratica con Il ritorno dello Jedi, nel 1983). In altre parole, gli spettatori avevano scoperto l’emozione, la spettacolarità, l’impatto prorompente possibile nell’audiovisione di un film o un programma comparabile (come i documentari presentati negli IMAX dell’epoca). Intanto in casa finalmente era arrivato il colore, ma gli apparecchi – i “televisori” – erano sporchi, brutti e cattivi, pardon, non proprio belli a vedersi e piuttosto ingombranti, pur adottando schermi di piccole dimensioni. Però, piano piano, qualcosa iniziò a cambiare, e, accanto a slogan diventati poi iconici (“Philips, colore semprevivo”, per dirne uno) iniziavano a vedersi in giro apparecchi un po’ più moderni. In altre parole, si aveva la sensazione che presto sarebbe successo qualcosa. In quegli anni collaboravo con le riviste Suono e Stereoplay, e si decise che fosse il momento di fare un’incursione nel mondo della new TV. Nacque così nel 1979 la prima Guida al TV Color mai pubblicata, di cui, insieme al fraterno amico Gianni C., si occupò il sottoscritto. Per realizzare quest’opera prima e quasi unica (si replicò l’anno successivo, se la memoria non mi inganna), chiedemmo alle varie aziende dell’epoca i prodotti più significativi e ci chiudemmo letteralmente per quasi due mesi giorno e notte in redazione. Alla fine uscì la guida, che offriva davvero uno spaccato significativo del mercato di allora: si andava dal portatile per le emergenze a un curioso modello Nordmende che offriva uno schermo grande e tre piccoli. Questa, come altre idee più o meno originali, non presero poi piede, ma si intuiva che i televisori degli anni a venire sarebbero stati meno ingombranti e con schermi di dimensioni maggiori. In quegli anni, Sony (che produceva i Trinitron, tecnologicamente diversi da tutti gli altri cinescopi adottati), ed altri costruttori, per il tubo catodico profetizzavano l’impossibilità di superare i 37″, per lo meno a costi umani e per una produzione di grandi numeri. Alla fine infatti, si saltò ai flat TV che tutti conosciamo, al plasma inizialmente e poi anche LCD. Questi veri quadri da appendere, sognati ed immaginati da sempre da scrittori, illustratori, cineasti visionari, iniziarono ad arrivare sul mercato in tagli da 42″, ed oggi – per modelli consumer, pur se da nababbi – siamo vicini al muro dei 100 pollici (oltre 2,5 metri di diagonale, e scusate se è poco). Insomma, il colore era la norma, l’ingombro non era più un problema, le dimensioni dello schermo nemmeno… Bisognava pensare al prossimo passo avanti, la definizione, ovvero l’alta definizione (High Definition o HD).

Il vostro cronista ha avuto la fortuna di essere sul set del primo film girato in HD, Giulia e Giulia, di Peter del Monte (1987), fotografato da Peppino Rotunno, e ricorda perfettamente l’atmosfera, fra scetticismo e timore reverenziale, della troupe per il nuovo sistema digitale fra i tanti cineasti abituati al mondo della pellicola. Delle effettive possibilità dell’HD mi resi conto più tardi, in un’edizione dell’IBC a Brighton (a quei tempi si alternavano la città inglese ed Amsterdam) nel 1988: una breve proiezione in un cinema lasciò tutti i presenti a bocca aperta. Che divenne spalancata, sempre per quello che riguarda il sottoscritto, nel 1995, in Giappone, osservando i primi esperimenti di un progetto sviluppato da NHK, il Super Hi-Vision, di fatto il progenitore dell’8K. Ma questa è davvero un’altra storia, e avremo il piacere di ricordarla in una diversa occasione!

Stefano Belli

(editoriale tratto da Tutto Digitale n. 152)
immagine © E.V./motoperpetuopress

*Stefano Belli da più di 50 anni si occupa di hi-tech, prima come progettista hi-fi, poi di installazioni professionali (eventi live, discoteche, cinema). Dagli anni ’70 ha collaborato con Suono, Stereoplay, Car Audio, Reflex, Fotografare, Capital e i quotidiani La Repubblica e il Sole-24 ore. Nel corso degli anni ha fondato e diretto Audio Pro, VR Videoregistrare, Videotecnica, Mr. DeeJay, Cinemax, Alta Definizione Cinema & TV HD; è cofondatore del free press Technoshopping, autore di libri tecnici, membro storico di giurie foto e video anche internazionali, ideatore e condirettore artistico dei format Villaggio Tutto Digitale e Cinema Show, direttore tecnico di Cinema & TV School. Ha fondato nel 1998 la rivista Tutto Digitale, che tuttora dirige, e più recentemente lanciato Italian Cinematographer.

Da sempre si occupa anche di cibo & vino. Nel 1998 ha fondato il Carbonara Club, e successivamente ideato e prodotto il documentario Passione Carbonara (disponibile su DVD), il fumetto e lo short movie Le avventure di Mr-Food & Mrs Wine, e organizzato i Campionati del Mondo della Carbonara con e presso Eataly Roma. Attualmente è direttore del free press Mr Food & Mrs Wine e della Guida ai Ristoranti di Roma selezionati dal Carbonara Club.

Ama la carbonara, la musica, l’architettura moderna, e colleziona di tutto, di più: un collezionista di collezioni, insomma.

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