Béla Tarr in esposizione all’Eye di Amsterdam

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Non sono mai stato interessato alle storie, perché la storia è sempre la stessa. Basta leggere l’Antico Testamento; è tutto lì. Non abbiamo bisogno di nessuna nuova storia, dal momento che si finisce sempre per raccontare la solita vecchia storia’. Parole di Béla Tarr, maestro nell’esplorazione dei confini estremi del linguaggio cinematografico, a cui l’Eye di Amsterdam dedica una importante esposizione

C’è tempo sino al 7 maggio prossimo per un salto ad Amsterdam – città piena di risorse, sempre vitale – e visitare, fra le altre cose, l’Eye, un magnifico museo del cinema in un edificio futuribile costruito pochi anni or sono.

Un museo imperdibile, che offre sempre esposizioni ed incontri di alto profilo, come quella di cui parliamo approfonditamente sul numero 111 di Tutto Digitale, dedicata a Béla Tarr e intitolata Till the End of the World.

Una scelta colta, che non sorprende, visto che Eye segue il lavoro di questo regista da molto tempo, ed ha raccolto e distribuito tutti i suoi film, che sono stati proiettati regolarmente nei Paesi Bassi.

Poco noto al grande pubblico, Béla Tarr (Pécs, Ungheria, 1955) è in realtà considerato uno degli autori più influenti degli ultimi decenni, nonostante la ridotta filmografia e la decisione di smettere dopo The Turin Horse, il suo film del 2011.

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Una decisione sorprendente, che è stata sospesa per la mostra all’Eye; Tarr, infatti, ha preso la camera ancora una volta per girare la sua ultima opera, nella quale esprime la sua rabbia su come i rifugiati vengono trattati in Europa, e in particolare in Ungheria.
In qualche modo, una dichiarazione poetica, filosofica e infine politica.

Nella foto, una scena del suggestivo film diretto da Béla Tarr. Si tratta de L’uomo di Londra, tratto dall’omonimo romanzo di Georges Simenon.

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