(Estratto da Tutto Digitale 85 – Novembre 2013)
Videocamera Sony F5
La Formula 5 non è un nuova versione del noto gruppo musicale italiano di qualche decennio fa, né una diversa classe di gran premio automobilistica, ma il nome che abbiamo dato alla famiglia di camcorder Sony F5/F55, un ‘sistema’ di ripresa modulare e di alte prestazioni. Le nostre impressioni sulla ‘piccola’ della gamma, la F5, corredata di ottiche Zeiss ad hoc.
Non c’è bisogno di essere super-esperti per sapere che Sony è uno dei marchi da sempre maggiormente impegnati nella ricerca delle prestazioni assolute, in particolare sotto il profilo della resa dell’immagine.
Già negli ‘80 la casa giapponese era entrata nell’alta definizione (ovviamente analogica), con i primi, costosissimi sistemi HD della serie HDVS studiati in partnership con l’emittente nazionale NHK. Da allora, lo sviluppo è andato avanti con ritmo lento e costante, fino a subire un’accelerazione notevole dal momento dell’invenzione del dominio ‘tutto digitale’.
Il Digital Domain, in effetti, ha reso tutto più semplice e veloce. Se da un lato l’HD è diventata lo standard, la ‘base’ per produzioni e trasmissioni televisive (e poi anche cinematografiche), dall’altro si sono aperte nuove opportunità in termini di qualità e versatilità d’uso.
Sempre per restare in casa Sony, sono arrivate nel tempo le prime macchine della serie CineAlta, che – come suggerisce il nome – sono state studiate per il Cinema ad Alta Definizione, altrimenti noto come 2K per approssimazione con le linee di risoluzione orizzontale (2048 x 1080).
Nel frattempo, sono continuati gli studi – sempre anche insieme all’NHK – di sistemi a risoluzione più elevata, i cosiddetti 4K (4096 x 2160 pixel, che offre un numero di pixel all’incirca 4 volte superiore a quello del Full HD, pari a 1920 x 1080), ed anche 8K. E se pensate che si tratti di fantacine, di risoluzioni prossime venture, siete fuoristrada: il 4K è già una realtà nel mondo della ripresa e proiezione professionale cinematografica, ed ha inziato anche la sua carriera in casa, con la denominazione UltraHD (3840 x 2160 pixel), con il recente lancio di alcuni televisori.
Televisori che in realtà non hanno ancora a disposizione trasmissioni televisive o supporti home video di risoluzione nativa equivalente per mostrare pienamente le proprie doti, ma che comunque testimoniano che la strada è tracciata e che non si torna indietro.
Cugine della F65
Come accennato, il mercato offre già qualche soluzione di ripresa e proiezione in 4K e Sony ha da un bel po’ di tempo in catalogo l’ammiraglia della serie CineAlta, siglata F65. A queste, si sono aggiunte recentemente due nuove macchine per il cinema digitale, le CineAlta PMW-F5 e PMW-F55, caratterizzate da un design modulare e da gran parte delle caratteristiche identiche; esteticamente si distinguono in pratica solo il colore della baionetta dell’ottica (tipo FZ con adattatore PL), mentre dal punto di vista pratico le differenze riguardano le modalità di registrazione, come vedremo più avanti. Ma vediamo le caratteristiche tecniche.
Diciamo intanto che per queste macchine Sony ha sviluppato il nuovo codec XAVC, che può arrivare a 100 Mbps, 12 bit di profondità colore con sampling 4:4:4, 4:2:2 o 4:2:0 ed essere incapsulato nel contenitore MXF; il formato è aperto ed è supportato dai software di editing più diffusi. Le opzioni di registrazione per queste nuove CineAlta saranno quindi sostanzialmente tre: MPEG2 HD, XAVC HD o SR.
Le due macchine adottano un sensore in formato Super 35mm da 8.9 MP effettivi, e, per il controllo delle riprese, dispongono di vari tipi di viewfinder (con opzioni OLED da 0.7″, LCD da 7″ e LCD da 3.5″), oltre che di un monitor di controllo sul corpo macchina; fra le connessioni, due out XLR, HD/SDI, genlock e HDMI.
Da segnalare il valore dichiarato della latitudine di posa, 14 stop. La F5 registra in HD/2K su schede SxS (o sulle nuove SxS Pro+ da 64 e 128 GB), o in RAW 4K con il recorder esterno AXS-R5. La macchina riprende a 60 fotogrammi per secondo e un aggiornamento firmware permette di registrare a 120 fps in 2K o 120 fps in 2K RAW (con recorder esterno). La ‘top’ PMW-F55, invece, registra in HD/2K/QFHD e 4K direttamente on-board, sulle SxS Pro+ (anche a 240 fps con il recorder AXS-R5). Qui di seguito i risultati di un primissimo test sulla F5 effettuato dall’amico Marco Sirignano-AIC.
La F5, cartoncino e scala di grigi alla mano
Duemila. La nostra epoca digitale, un numero come un altro. Se però lo si pensa legato alla luminosità di una “cinepresa” digitale le strade sono due: meravigliarsi e/o essere scettici. Per chi la luce la “mette”, poi, ovvero i direttori della fotografia, lo spettro del “tanto è luminosa, quindi non metti luci” è sempre dietro l’angolo!
Con pensieri simili a echeggiare nella testa, proviamo la F5 della Sony, sorellina della più hi-end F55 e nipotina della F65. Non un vero e proprio test ma, cartoncino e scala di grigi alla mano, una prova in studio delle caratteristiche tecniche dichiarate dalla casa giapponese: una prima impressione sulle prestazioni, l’ergonomia e la praticità del mezzo.
Mettiamo la camera su una splendida testa Maxima della Cartoni e la dotiamo di un paio di Zeiss, un 70-200 CZ.2 T 2.9 e un 50mm Macro T2.1; il cage della Movcam sembra costruito apposta per la macchina e aiuta a supportare monitor on board e ViewFinder Cineroid. Giriamo in MPEG2 (CBR Long Gop a 50Mbps) e, con l’ausilio del recorder ASX-R5 che si innesta al corpo macchina perfettamente, tanto da sembrare nato con questo, un RAW 4K. La prima sorpresa è che la lettura esposimetrica per luce incidente a 2000 ISO si discosta di pochissimi decimi di diaframma rispetto a quanto la macchina legge.
Se leggi f:5.6 sull’esposimetro, lo metti serenamente sull’ottica e il frame è esposto correttamente. Con questa certezza facciamo il solito test da -4 (sottoesposizione) a +4 (sovraesposizione) con la curiosità di vedere se i 2000 ISO nativi e non “diminuibili” pagano lo scotto di un eccessivo rumore nei mezzi toni o nelle ombre, guardando il risultato in play.
La macchina, da questo punto di vista, è piuttosto stupefacente. La sensazione (purtroppo non abbiamo ancora avuto modo di fare dei test in color grading) è che anche fino a +3 ci sia margine per recuperare il materiale in post e che fino a -2 il rumore sia alquanto tollerabile. Una cosa però ci ha lasciati veramente a bocca aperta: i 14 di stop di latitudine dichiarati. Abbiamo messo una sedia bianca sopra un tavolo in uno studio buio; abbiamo illuminato una porzione di sedia con un proiettore Fresnel da 300w; abbiamo messo nel frame una piccola finestra fortemente illuminata; la scala colori, il cartoncino grigio 18% e la mia faccia leggevano f11 per luce incidente; abbiamo letto per luce riflessa i punti di basse luci e alte luci…
La scala dell’esposimetro l’abbiamo coperta praticamente tutta, da f1 e qualche decimo a 90 meno qualche decimo e il risultato è stato davvero notevole: dal monitor on board non ci è parso vero, riguardando anche solo l’MPEG su un nuovo iMac 27” ne abbiamo avuto la conferma. Il bianco sfondato della finestra (f90 meno uno “zic”) ci è parso denso e pastoso, il nero bello pieno e i mezzi toni non troppo inficiati dal rumore.
Complici anche le ottiche, che abbiamo messo sotto stress anche con forti flare e luci in macchina, questo primo contatto con la F5 ci ha soddisfatti sia in termini di ergonomia e di gestione “lato” assistente operatore, sia – dopo quanto visto – anche in termini di immagine prodotta. Per un giudizio completo sarà il caso di produrre delle immagini “on set”, magari anche in SloMo per formulare un giudizio pieno, ma per il momento abbiamo avuto di che divertirci ed essere soddisfatti.
Si ringrazia Panatronics – www.panatronics.eu – per la gentile collaborazione.