Rispetto al mondo delle produzioni televisive, quello del cinema si è mostrato sicuramente più refrattario all’avvento delle nuove tecnologie: mentre a livello broadcast negli ultimi anni si sono succeduti e affiancati moltissimi formati e soluzioni di ripresa diverse, il passaggio dalla pellicola al digitale non è stato altrettanto facile e ha dovuto superare le resistenze di molti registi, direttori della fotografia e operatori del settore. Oggi tuttavia lo scenario si è ribaltato ed è proprio sui set cinematografici che si testano le soluzioni più innovative e complesse, al punto da rendere indispensabile l’intervento di nuove figure professionali dedicate proprio alla sperimentazione di formati, curve di contrasto, matrici colore e molte altre impostazioni di ripresa. Arri, Blackmagic, Panasonic, Red, Sony hanno sviluppato macchine da presa che un direttore della fotografia o un operatore specializzato non riescono più a gestire da soli senza l’aiuto di un D.I.T. (Digital Imaging Technician) o senza il parere del colorist che dovrà poi elaborare i file acquisiti sul set. Ciascuna di queste camere nate per il cinema digitale offre una tale quantità e varietà di opzioni da soddisfare le esigenze e i gusti di qualsiasi regista o direttore della fotografia. Dunque la scelta di una macchina o di un’altra non dipende molto dalla qualità d’immagine, dalla resa alle basse luci o dalle prestazioni pure, che sono sempre eccellenti a questi livelli, ma da molti altri fattori legati anche – e soprattutto – alle convinzioni e preferenze personali.
Ciò premesso, ecco che anche Canon debutta con grande convinzione in questo mercato di fascia alta, forte del successo e dell’esperienza acquisita con le proprie video-reflex e soprattutto con i camcorder Cinema EOS, che godono di grande popolarità tra i video maker indipendenti, le piccole società di produzione ed i network impegnati in serie televisive et similia. Ma basterà la passione e la fedeltà degli affezionati al brand per decretare il successo della nuova C700 in un mercato abituato a non rinnegare il proprio passato come quello 100% cinematografico?
Una macchina solida e (quasi) facile da usare
Il corpo macchina della nuova Canon appare come un parallelepipedo metallico, robusto e pieno di fori, pulsanti e connessioni.
I fori sulla parte superiore e inferiore permettono di avvitare piastre e accessori di ogni tipo, con attacco a vite da 1/4” o da 3/8”, e di installare la maniglia inclusa o lo spallaccio opzionale nella posizione che più sia adatta alle proprie esigenze. Questo è il primo biglietto da visita di una camera altamente personalizzabile, che fa della modularità il suo punto di forza.
La parte sinistra include un monitor di servizio da 3” per navigare nelle opzioni del menu e impostare velocemente i parametri di ripresa, oltre a una serie infinita di tasti retro-illuminati, tutti programmabili dall’utente. Il menu è facile da navigare, così come sono istintive o comunque agevoli da regolare le principali opzioni di ripresa quali otturatore, bilanciamento del bianco, ISO e parametri colore. I pulsanti personalizzabili forniscono l’accesso rapido a numerose opzioni quali peaking, falsi colori, push auto, tally e molti altri. È anche disponibile un filtro ND integrato con 5 livelli di intensità, che riducono la luminosità in ingresso da 2 a 10 stop; un ‘accessorio necessario’ che può essere sempre utile. Complessivamente le impostazioni della Canon C700 appaiono molto intuitive e anche un utente abituato a macchine di fascia più bassa si troverà a proprio agio, anzi troverà forse più comodo l’utilizzo di pulsanti dedicati per ogni funzione specifica rispetto ai menu più complessi e articolati delle videocamere compatte.
Il display dei comandi purtroppo non può essere utilizzato anche come monitor di servizio: certamente l’uso professionale richiede un mirino o un monitor esterno di alta qualità, ma lavorando con un buon viewfinder sarebbe stato molto utile avere un piccolo display a bassa risoluzione per dare un’ultima rapida occhiata all’inquadratura.
Tra gli accessori opzionali, Canon ha previsto un’unità di controllo, siglata OU-700, identica a quella integrata sul corpo macchina, completa di display, pulsanti e ghiera di navigazione da collegare via cavo, per operare in remoto; una soluzione utile soprattutto quando si lavora in squadra, quando cioè l’operatore principale è affiancato da un fonico, un fuochista o altri assistenti. In alternativa è anche possibile sfruttare la porta Ethernet per collegare la camera a un router Wifi e utilizzare l’App Canon Browser Remote su tablet o smartphone.
Per quanto riguarda il viewfinder, Canon ha sviluppato un mirino OLED ad alte prestazioni in stile ENG, siglato EVF-V70, da 0,7” di diagonale e 1920×1080 pixel di risoluzione. Il costo purtroppo è piuttosto elevato, circa 6000 euro. Nonostante l’ampia gamma dinamica e la buona definizione, la soluzione migliore a nostro avviso resta quella di affidarsi a un monitor esterno da 5 o 7 pollici, da installare sopra il corpo macchina.
L’ergonomia resta sicuramente tra i punti di forza della C700. Il corpo dispone già di tutte le connessioni possibili, senza bisogno di installare moduli aggiuntivi: 4 uscite SDI, 2 monitor out, HDMI, ingressi microfonici XLR e mini-jack, TC in/out, Genlock e molto altro ancora.
Rispetto alle altre macchine della gamma EOS Cinema, la C700 sembra maggiormente adatta all’uso a spalla, attraverso l’accessorio dedicato da installare sulla scocca inferiore, dato il maggiore ingombro e lo sviluppo orizzontale. È chiaro che la vocazione principale della C700 resta il cinema digitale, che presuppone l’utilizzo di cavalletti pesanti e ottiche molto ingombranti; tuttavia la possibilità di montare obiettivi EF, tra cui gli zoom broadcast, permette di sfruttare le caratteristiche della nuova Canon anche in ambiente televisivo ed ENG.
A questo proposito bisogna segnalare la presenza, assolutamente inedita per una macchina di questa fascia, dell’auto-focus, grazie al sistema Dual Pixel CMOS AF e alle ottiche Canon EF. Un sistema efficace e preciso, in grado di seguire i soggetti con molta efficacia. È chiaro che la stragrande maggioranza degli operatori professionali continuerà ad utilizzare il fuoco manuale, ma in alcune situazioni critiche avere un sistema affidabile di auto-focus può essere molto utile, anche in una macchina da presa di impostazione cinematografica.
PL oppure EF?
Proprio l’uso delle ottiche EF può rappresentare un plus importante per chi già possiede un parco di obiettivi fotografici o televisivi. Per migliorare la solidità dell’innesto, la C700 adotta un nuovo tipo di innesto (Cinema Lock) che permette di ancorare in modo perfetto le ottiche EF al corpo macchina. La C700 è comunque disponibile anche in versione con innesto PL e anche in un’ulteriore versione PL dotata di CMOS global shutter.
Quest’ultimo modello, più costoso, offre il vantaggio di un otturatore istantaneo, che evita il problema delle deformazioni geometriche sui soggetti in movimento, tipico dei sistemi basati su rolling shutter, ed è dunque da preferire nelle riprese di eventi sportivi o nell’utilizzo di movimenti di macchina molto rapidi, come panoramiche a schiaffo. In condizioni normali, comunque, la versione normale garantisce una qualità d’immagine senza compromessi e uno stop in più di gamma dinamica: girando in RAW infatti sono 15 gli stop dichiarati per il modello rolling shutter, 14 per quello global shutter. Dal nostro punto di vista, la versione più versatile è probabilmente quella con innesto EF, data l’ampia scelta di ottiche sul mercato che comprende oltre 250 obiettivi fotografici e più di 150 a focale fissa, tra quelli proposti dalla stessa Canon e quelli sviluppati da terze parti (al momento il catalogo Canon include 7 zoom cinema e 6 lenti prime). Nessun altro formato al momento offre una scelta così ampia e soprattutto le ottiche fotografiche possono rappresentare una soluzione più economica ma altrettanto valida rispetto alle lenti cinema, perlomeno in situazioni normali, se non si sta girando un kolossal…
Colori su misura
Il sensore Super35 adottato dalla C700 presenta caratteristiche molto simili a quello della C300 MkII. Si tratta di un CMOS 4K capace di una gamma dinamica di ben 15 stop, se utilizzato in formato RAW.
Il formato di registrazione RAW a 10 o 12 bit richiede però l’utilizzo di un registratore opzionale Codex CDX-36150, da montare sulla parte posteriore, tra il corpo macchina e la batteria (costo 7000 € circa). Utilizzando invece le schede CFast (2 gli slot disponibili) è possibile registrare in 4K direttamente in macchina: in questo caso non è possibile lavorare in RAW, ma bisogna scegliere un codec di compressione Prores 422 o XF-AVC.
Una scheda da 64 GB (oggi disponibile sul mercato a un costo compreso tra i 70 e i 300 euro) può contenere circa 10 minuti di girato 4K alla massima qualità. Scegliendo il formato XF-AVC è anche possibile impostare un livello di compressione più elevato, ovvero un flusso dati più basso (dagli 810 Mbit/s intra-frame si può scendere fino a 50 Mbit/s Long-GOP), in modo da aumentare la capacità di registrazione di una memoria da 64 GB fino a 160 minuti. Abbassando il bitrate, tuttavia, si abbassa anche la qualità, fino ad un livello semi-professionale, certamente non adatto ad applicazioni cinematografiche. La C700 può anche sfruttare le più economiche SD Card per registrare in parallelo una versione a risoluzione HD del girato (proxy) a 24 o 35 Mbps, che permetterà di lavorare più velocemente in fase di editing, prima della finalizzazione a qualità piena. Infine, lavorando in 2K è disponibile anche il formato Prores 4444.
In generale girare in Prores offre un netto vantaggio in fase di post-produzione, essendo tale formato supportato in modo nativo da diversi sistemi di editing sia in ambiente Mac che Windows.
Per le applicazioni cinematografiche di alto livello la scelta del formato RAW sembra obbligata, sia per ottenere il massimo in termini di range dinamico (fino a 15 stop), sia per consentire operazioni di color grading più complesse. Anche nei formati compressi è comunque possibile regolare moltissime impostazioni, tra cui la curva gamma (Normal 1,2,3 e 4, Canon Log, Canon Log 2 e 3, Wide DR), lo spazio colore (Cinema Gamut, BT.2020, DCI-P3 Gamut e BT.709), la matrice colore (neutral, production camera, Cinema EOS original, Video e spento); parametri ancora più precisi permettono di intervenire ulteriormente sul punto di nero (master pedestal), il black gamma, la saturazione, il ginocchio, il coring, il dettaglio verticale e orizzontale, il filtri di riduzione del rumore e molte altre variabili. Come è possibile intuire, è ovviamente necessario effetture un po’ di prove prima di trovare i settaggi che corrispondono di più ai propri gusti, anche se testare tutte le combinazioni è praticamente impossibile.
Per non commettere errori, il parametro chiave da cui partire è lo spazio colore: BT.709 se il prodotto a cui si sta lavorando sarà trasmesso su piattaforma televisiva HD, BT.2020 se potrà essere trasmesso in 4K, DCI-P3 se invece il girato è destinato alle sale cinematografiche.
La modalità Cinema Gamut rappresenta poi un compromesso perfetto adatto in ogni occasione, uno spazio colore sviluppato da Canon per sfruttare al meglio le caratteristiche del sensore e offrire la gamma di sfumature più ampia possibile. Il passo successivo riguarda la scelta del gamma: se si lavora in RAW con un gamut cinematrografico, le opzioni migliori sono Canon Log 2 e Canon Log 3 che offrono il range di contrasto più ampio, per la massima libertà di intervento in post-produzione. Se si registra internamente in Prores o in XF-AVC si può invece optare per la versione base di Canon Log. Se invece si vuole un file già pronto all’uso, perfetto per la visione in TV senza necessità di applicare LUT o color grading, l’opzione Wide DR rappresenta il miglior compromesso; in questo caso la gamma dinamica si riduce a 12 stop, ma le immagini presentano comunque una pasta morbida dal look cinematografico. Le opzioni di matrice colore possono essere mantenute generalmente su ‘neutral’ o al più su ‘production camera’, per tonalità di colore più adatte al cinema; infine gli utenti affezionati al marchio Canon, che amano la resa d’immagine inconfondibile delle C300 o delle 5D, potranno selezionare la matrice Cinema EOS.
Ma insomma come valutare la qualità d’immagine offerta dalla C700? Difficile dare una risposta: come nel caso di altre macchine da presa concorrenti, la nuova Canon è una pietra grezza su cui ogni artista può scolpire il capolavoro desiderato. Tutto dipenderà da cosa si vuole tirare fuori dalle potenzialità virtualmente infinite offerte dalla C700; scegliendo le opzioni Canon Log, in particolare, la resa finale sarà legata alle LUT adottate in fase di post-produzione. Rispetto alle altre camere per il cinema digitale, la C700 offre in più la possibilità di scegliere la pasta tipica delle reflex digitali Canon, cara a molti film maker indipendenti.
Insomma mescolando i diversi ingredienti si possono ottenere ricette molto diverse, capaci di soddisfare ogni palato. Parlando poi di prestazioni pure, la sensibilità ISO è in linea con quanto visto nelle migliori videocamere sul mercato, il che significa lavorare anche con poca luce senza perdita di qualità: il livello di rumore infatti è estremamente ridotto fino a 6.400 ISO e anche a 12.800 la nitidezza delle immagini è più che accettabile (la macchina può arrivare fino a 102.400 ISO, ma difficilmente una produzione professionale sfrutterà tale possibilità). Ugualmente il livello del dettaglio risponde pienamente alle aspettative, anche lavorando in un formato compresso Prores o XF-AVC; d’altra parte un flusso dati di oltre 800 Mbit/s garantisce una qualità complessiva quasi identica a quella di un file non compresso.
Una scelta di cuore e non solo
Una funzione oggi molto richiesta è la registrazione ad alta velocità, al fine di ottenere rallenti fluidi in post-produzione. Anche la C700 offre tali opzioni, pur con qualche limite: solo lavorando in 2K infatti è possibile arrivare alla velocità di 240 fotogrammi al secondo e solo con un crop della parte centrale del sensore, con un fattore d’ingrandimento del 200% (dunque diventa quasi impossibile utilizzare un vero grandangolo in questa modalità).
A sensore pieno, sempre in 2K, è invece possibile girare a 120 fps, una frequenza che già consente un ottimo slow motion. Lavorando in 4K invece la velocità di registrazione è limitata ai classici 50/60 fotogrammi al secondo, a meno di non ricorrere al solito recorder esterno Codex, con il quale si può lavorare fino a 120 fps anche in 4K.
C’è da dire che altre macchine da presa concorrenti offrono opzioni più flessibili su questo fronte e se in definitiva si è in cerca di una high-speed camera la Canon C700 non rappresenta la scelta giusta.
Si tratta in ogni caso dell’unico vero punto debole che abbiamo riscontrato durante la nostra prova. La C700 si è infatti rivelata una camera solida e versatile, adatta ad ogni utilizzo, capace di competere con le migliori videocamere di fascia alta. L’assetto, l’ingombro e la filosofia di funzionamento sono quelle tipiche di un macchina da presa per il cinema digitale, ma allo stesso tempo Canon ha trasferito sulla sua nuova ammiraglia tutta l’esperienza e la tradizione maturata sulle reflex, sulle videocamere compatte e sui camcorder Cinema EOS: la possibilità di utilizzare ottiche fotografiche, l’autofocus, l’ampia scelta di matrici colore, ma soprattutto la semplicità di utilizzo, rappresentano le caratteristiche che permettono alla C700 di distinguersi dalla concorrenza.
Come abbiamo detto, tutte le macchine da presa digitali cinematografiche offrono oggi prestazioni eccellenti e consentono di controllare ogni più sottile parametro relativo al colore, al contrasto, alla gamma dinamica e al livello del dettaglio delle immagini, in modo da restituire una resa personalizzata sulle esigenze specifiche di ogni direttore della fotografia. Ciò non significa che tutte le macchine da presa siano uguali, perché ogni azienda ha compiuto scelte precise in termini di ergonomia, formati di registrazione e flusso di lavoro.
La C700 è una macchina capace di mettere a proprio agio qualsiasi operatore già dopo pochi minuti di utilizzo e dimostra come anche un prodotto di questa categoria possa essere ‘professionale’ senza essere ‘difficile da usare’. Questa in definitiva è la scelta compiuta da Canon, ovvero quella di puntare su un design intuitivo, semplice e allo stesso tempo versatile.
Conclusione scontata
Tirando le somme, possiamo concludere che la nuova C700 è capace di adattarsi ad ogni tipo di produzione professionale di alto livello – dal cinema alle fiction tv, dal documentario fino al news gathering – garantendo sempre immagini eccellenti e massima praticità nelle diverse situazioni di utilizzo. In quanto al prezzo, bisogna nuovamente riferirsi al concetto ‘produzione professionale di alto livello’, e mettere inevitabilmente in preventivo un prezzo ‘adeguato’…